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Green Book

Regia di Peter Farrelly vedi scheda film

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Joeycruel

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La recensione su Green Book

di Joeycruel
8 stelle

Meriterebbe il massimo dei voti ma cade in tre errori fatali.

Siamo nel 2018 e il passato dovrebbe insegnare qualcosa ma a quanto pare Nick Vallelonga non ha imparato nulla.
Vi evito la trama, la trovate dovunque, quello che è importante è che questo film, pur trattando un tema pesante, riesce a non scadere nella melassa ma costruisce atmosfere, finalmente, alla Frank Capra, quindi vale i soldi del biglietto del cinema.
Di sicuro a questo contribuisce l'interpretazione grandiosa di Ali  Mahershala Ali e Viggo Mortensen, guardatelo in originale ed è strabiliante vedere un mezzo danese imitare alla perfezione le movenze e l'accento dei tipici italoamericani di New York, che di sicuro Viggo avrà incontrato nella sua adolescenza.
Ma può arrivare a 5 stelle e rimanere nei nostri cuori tanto da voler comprare una VHS, DVD o BluRay per riguardarlo?
Assolutamente no.
Il primo motivo è perchè è pur sempre un prodotto del 2018 e si ha sempre il retrogusto di guardare qualcosa di annacquato, di meccanico e non naturale ma di sicuro quello che pesa sono tre errori fatali.
Primo errore. Nick Vallelonga è il principale sceneggiatore ed è il figlio di Tony Vallelonga, ed ha la brillante idea di non consultare la famiglia del pianista Shirley. Questo ovviamente ha scatenato un ginepraio, grazie al quale il film è stato sezionato per dimostrare quanto rientri nella triste famiglia dei film con il "white saviour". Bastava chiedere il permesso e se la famiglia avesse espresso un diniego, bastava cambiare i nomi; un gioco da ragazzi che a chiunque sarebbe venuto in mente, semplicemente guardando indietro alla storia del cinema.
Secondo errore. Si parla di una tematica importante, si parla di razzismo, una piaga ancora aperta, purulenta e sanguinante, basterebbe un po' di rispetto e scegliere un regista impegnato, anche un regista macchinico, di mestiere andrebbe bene. Invece la scelta cade su Peter Farrelly, il Vanzina americano. Certo, fa un lavoro normale, di sicuro dalla sua regia non traspare nulla, ma come ho detto è una questione di rispetto, certe tematiche vanno curate con mani delicate, non con tenaglie da fabbro.

Terzo errore. Diciamo che il signor Vallelonga avesse evitato il primo errore all'ultimo momento. A chi rivolgersi per scrivere la sceneggiatura?

Certo ci sarà sempre Vallelonga perchè l'idea è sua, la storia gliel'ha raccontata suo padre, ma da chi viene coadiuvato?

Da Peter Farrelly, alla cui onta di averlo come regista si aggiunge anche quella di averlo come sceneggiatore e poi da Brian Hayes Currie, uno che ha scritto film come.... Two Tickets to Paradise nel 2006 e basta; già così la situazione è orrenda, un Vanzina e uno alle prime armi.
Ma la cosa più grave è che stiamo parlando di razzismo e vengono assunti due bianchi che non potranno mai sapere come ci si sente per parlarne! Anche qui la scelta doveva essere naturale, farsi aiutare da chi ne capisce è dimostrare quanto ci si tiene al messaggio.

Green Book, sulla carta, è la storia di due persone lontane che, grazie al viaggio, riescono ad avvicinarsi ed imparare qualcosa l'uno dall'altro e nel frattempo mostra quanto il razzismo sia una vergogna anacronistica. Invece nel film, grazie a questi tre errori, tutto questo viene visto come attraverso un vetro opaco e gli ingranaggi si inceppano, certo non si esce dal cinema disgustati ma nemmeno esaltati perchè le buone premesse sono state sfigurate e deturpate da errori da dilettante.

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