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Green Book

Regia di Peter Farrelly vedi scheda film

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La recensione su Green Book

di pazuzu
8 stelle

Senza alcuna intenzione di ammorbidire o edulcorare alcunche, il cuore duro e serissimo del film è alleggerito dal tono scanzonato del racconto. Perché Green Book fa ridere, fa ridere di gusto alla pari di quanto fa riflettere, mantenendo un equilibrio che non sa mai di forzatura.

 

Bronx, 1962. Quando il night club nel quale lavora come buttafuori viene fatto chiudere, Tony Vallelonga ha bisogno di trovare il modo per mantenere sua moglie e i suoi due bambini. Rifiutandosi di accettare affari loschi dalla malavita, e non potendo sperare che il suo fisico possa sopravvivere a lungo incamerando 26 hamburger di fila alla volta in gare d'azzardo a chi ne mangia di più contro bestioni di 117 chili, accetta l'invito ad un colloquio per fare da autista ad un tal "dottore". Recatosi al suo domicilio, scopre che ad esser chiamato così è Don Shirley, un pianista afroamericano ricco sfondato che sui comodini ha zanne d'elefante, come sedia usa un trono, e si veste «come il re della giungla». La proposta è di scarrozzarlo per due mesi con la sua Cadillac per dei concerti che terrà in giro per il sud degli Stati Uniti senza fargliene saltare alcuno, e la paga è ottima; ma alla richiesta di lavargli anche i panni si rifiuta, lui che a casa usa gettare le stoviglie, se poco poco vengono toccate da operai neri... Il "dottore", però, è veramente interessato ad avere i suoi servigi, quindi riformula l'offerta stornando i compiti da massaia e l'affare è fatto. Giusto il tempo di consegnargli il Green Book, la guida turistica che riporta la lista delle strutture nelle quali i neri non vengono derisi o massacrati di botte, e si parte.

 

 

Don Shirley e Tony Vallelonga sono esistiti davvero: il primo era un genio del pianoforte per il quale si sperticò in lodi anche Igor Stravinsky, il secondo il padre italoamericano del regista e sceneggiatore Nick Vallelonga. E proprio da lui, che la storia di quel viaggio che al padre aprì la mente l'aveva sentita raccontare mille volte sin da piccolo, è partita l'idea di farne un film, che poi ha sceneggiato assieme a Brian Currie e Peter Farrelly per la regia di quest'ultimo, qui orfano del fratello Bobby e per la prima volta alle prese con il genere drammatico. Drammatico, infatti, ne è il tema portante, perché i due mesi nel profondo sud metteranno i due a contatto con il razzismo istituzionalizzato dalle leggi di Jim Crow, in posti nei quali l'ipocrisia dei bianchi li porta ad invitare nei locali l'artista nero che li fa sentire colti per poi però rifiutargli l'accesso al bagno buono o negargli un pasto nella sala dove suonerà, o più genericamente in città nelle quali gli è vietato fare acquisti o addirittura uscire per strada dopo il tramonto. Senza alcuna intenzione di ammorbidire o edulcorare alcunché, il cuore duro e serissimo del film è alleggerito dal tono scanzonato del racconto.

 

 

Perché Green Book fa ridere, fa ridere di gusto alla pari di quanto fa riflettere, mantenendo un equilibrio che non sa mai di forzatura: merito di una sceneggiatura d'acciaio capace di inanellare gag in sequenza senza mai allontanarsi dall'obiettivo, di una regia che sa il fatto suo nel sostenerne il ritmo, e di due attori (Viggo Mortensen ingrassato e Mahershala Ali altezzoso sono impagabili) che si prestano divertiti a creare una coppia (comica) paradossale (il bianco che fa da servo al nero) di opposti. Tony "Lip" (che è il suo soprannome, ovvero "labbro", perché con la sua parlantina, per quanto greve, sa intortarsi chiunque) è rozzo, manesco, sboccato, fumatore incallito e mangiatore ad oltranza, Don Shirley è educato, forbito, pignolo, sempre ben vestito e anche poliglotta (come si scopre nel corso di una delle tante scene esilaranti); hanno punti di vista diversi su tutto, ma il loro progressivo aprirsi li porta inevitabilmente ad avvicinarsi, contaminarsi e diventare amici, permettendo a Tony di tornare nel Bronx cambiato per sempre, consapevole che in giro c'è un veleno chiamato razzismo che va debellato con la conoscenza, il rispetto e la tolleranza, e che ciascuno nel proprio piccolo può contribuire a farlo.

 

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