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Lo strano amore di Marta Ivers

Regia di Lewis Milestone vedi scheda film

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La recensione su Lo strano amore di Marta Ivers

di Baliverna
8 stelle

E' un buon noir, teso sin dall'inizio, con tutti gli ingredienti del genere. Secondo me è una grande, ulteriore (oltre alle numerosissime altre sul tema) riflessione sul fatto che i misfatti non si nascondono mai per sempre e finiscono per schiacciare chi li ha commessi, o coperti. E ciò accade non per il crimine in sé, ma per il rifiuto di confessarlo, di pentirsi, e per la caparbia difesa e autogiustificazione che si fanno. E di crimine si trattò, nonostante che la donna fosse una vera tiranna, perché, come si dice nel film "era un essere umano". Non solo, il tentativo di sepellire la verità per sempre porta con sé una lunga scia di male, anche di morte: la serie di menzogne e la continua finzione, la condanna a morte di un innocente, un matrimonio finto, una carriera politica basata solo sull'inganno degli elettori. Se da una parte Martha è quasi riuscita a soffocare la coscienza - dico quasi, perché sente il continuo bisogno di giustificare l'omicidio con la crudeltà della donna - il marito ne è tormentato senza posa, e cerca di affogare il rimorso nel whiskey. Colui che fu impiccato per la sua falsa deposizione non tornerà mai in vita, ma un pubblica ammissione, benché consegnandolo all'infamia, lo libererebbe da un peso che ormai lo sta distruggendo. E' così torturato dal rimorso che si fa la falsa idea che l'amico d'infanzia sia tornato per ricattarlo, quando lui non l'aveva neppure pensato. E' però bloccato dalla meschinità e dalla vigliaccheria, continua a operare per insabbiare la verità, e procede sino alla fine sulla via della rovina. Il film fa anche vedere quali siano i frutti della smania di molti genitori che vogliono che il loro figli scalino i più alti livelli della società. Come il padre del marito di Martha, che striscia come un verme ai piedi di quella donna malvagia e insensibile, e spinge il figlio a mentire, a simulare, a mandare a morte un innocente, a sposare la ragazza per mero calcolo. Ne esce un uomo debole, falso, pieno di complessi, che disprezza se stesso per aver sacrificato la vita e la verità al capriccio di suo padre. Barbara Stanwyck è, al solito, un'ottima donna della perdizione (vedasi "La fiamma del peccato), e Van Helfin un bravo duro, anche buono, che però vacilla davanti al fascino perverso della dark lady, e se ne fa quasi rovinare. Lizabeth Scott, oltre che essere bella, interpreta uno splendido personaggio, per il quale è difficile non provare compassione e tenerezza. Regista e sceneggiatori confezionano ottimamente il tutto. Ma che volete, quelli erano gli anni in cui il cinema era veramente grande, perché così era chi lo faceva.

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