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Lo strano amore di Marta Ivers

Regia di Lewis Milestone vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Lo strano amore di Marta Ivers

di giansnow89
10 stelle

Indimenticabile Barbara Stanwyck.

Sam Masterson, uomo ramingo, torna dopo diciotto anni per pura fatalità ad Iverstown, sua città natale. Ad attenderlo, la sua grande amica d’infanzia, la ricchissima ereditiera Martha, il di lei marito Walter, procuratore in carriera, e un torbido mistero mai venuto alla luce… La pellicola s’attorciglia di fatto tutta attorno al dualismo fra Martha Smith, la maschera, e Martha Ivers, l’essenza. «Voglio essere chiamata Martha Smith», ripete ciclicamente Martha: Smith come il padre poveraccio, come un passato colmo di frugale felicità e di speranze sincere e pulite. Tuttavia, Martha Smith è una menzogna, poiché non è mai esistita. La furia stessa con la quale Martha afferma di chiamarsi Smith davanti alla zia svela in esergo il suo istinto d’omicida, il suo essere una Ivers. Ivers, come Iverstown una città anonima, d’industrie - tutte degli Ivers, naturalmente - un non-nome, un non-luogo, una non-persona: più spietata poiana che spaurito fringuello, assetata di possesso, bramosa, avida, sussurratrice, sguazzante nella propria sconfinata e vuota agiatezza, incantatrice di serpenti, lacrima tanto facile quanto fasulla. Se Martha Smith è il centro di gravità del film, attorno al quale gli altri personaggi si limitano a ruotare quali comparse, Martha Ivers è un vero e proprio buco nero che minaccia di inghiottire tutti quanti. L’inconsapevolezza del male è ancora più tremenda e micidiale del male stesso. Martha Ivers è un mostro della stessa specie sordida e banale del marito arrivista e smidollato, ma di questo si rende conto solo verso la fine, in una sorta di auto-agnizione. In quel momento, uccidendo la sua maschera, condanna se stessa a morte sicura ed istantanea, perché oltre quel simulacro non c’è nient’altro. Ivers era del resto solamente un accozzo di istinti privo di una volontà fondante. Di fatto Martha, che pure cinematograficamente è tutto il film, in sostanza è il nulla: non ha mai vissuto, ha creduto di essere qualcosa che non è mai esistito concretamente (Martha Smith), ma ad un tempo ha agito secondo un’immagine che non è mai esistita né nella sua mente né in quella di alcun altro (Martha Ivers). Un’indimenticabile Barbara Stanwyck dà volto a una delle donne più complesse della storia del cinema.

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