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Amanti perduti

Regia di Marcel Carné vedi scheda film

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La recensione su Amanti perduti

di alan smithee
10 stelle

Culmine e risultato più sorprendente della magica collaborazione tra il regista Marcel Carné e lo scrittore Jacques Prévert, Les enfants du paradis è il risultato più complesso e straordinario di una storia d’amore irresistibile che vede attratti due personaggi che per diversi motivi si inseguiranno per sempre, nella vita e nella storia, desiderandosi senza riuscirsi veramente ad amare. Le concitate vicende dell’amore impossibile ed inespresso tra il mimo del famoso locale Le Funambole, Baptiste Dubureau, e la splendida musa di artisti e pittori poi riciclatasi quasi per caso nella recitazione, Garance, è in realtà e più propriamente la storia d’amore, l’amplesso impossibile e quasi scandaloso tra teatro e cinema, le cui seducenti attrattive riescono qui magicamente a fondersi in un intreccio commovente e concitato di oltre tre ore di proiezione che volano via spedite senza un attimo di tregua. Una donna bellissima, Garance, contesa da quattro uomini di estrazioni e culture differenti: un bandito scaltro e leonino, Lacernaire, un attore classico e gigione molto amato ed amante della bellezza femminile, Frederic Lemaitre, un ricchissimo conte che diviene protettore non corrisposto della giovane donna; ed infine lui, il mimo straordinario Baptiste Dubureau, l’unico che ama veramente Garance, ma che, per una serie di destini avversi, ne viene sempre allontanato fino a costruirsi una vita familiare di ripiego con una bella attrice della sua compagnia che lo ama da sempre. Una esistenza non certo realizzata e felice ma almeno in grado di distoglierlo dal tormento e dal pensiero fisso per quella bellezza sfolgorante. Girato tra mille difficoltà in tempo di guerra nel momento più caldo, sanguinoso e tetro del secondo conflitto mondiale, con esterni e scenografie incantevoli magistralmente ricostruite negli studi La Victorine di Nizza, città che in questi giorni ne proietta giustament fiera una versione restaurata perfetta e intonsa presso la sua prestigiosa Cinemateque, il film è nato in seguito ad un incontro avvenuto proprio a Nizza tra il regista Carné, lo sceneggiatore Prévert e l’attore (qui davvero straordinario e principale contributo all’assoluta unicità dell’opera) Jean-Louis Barrault, che raccontò loro alcune storie legate appunto al personaggio esistito realmente che poi così mirabilmente  finemente egli andò a ricreare ed interpretare. Ecco che allora una storia d’amore impossibile diviene il terreno più fertile per rappresentare al cinema la vita e i retroscena della rappresentazione teatrale, quando i testo e la trama dell’opera si fondono con la vita reale dietro le quinte grazie proprio all’intervento dell’arte cinematografica che qui interviene a integrare il lavoro perfetto della ricostruzione scenica per aggiornarlo alle problematiche quotidiane, ai drammi e alle passioni degli attori che, in quanto uomini, esseri umani imperfetti ma proprio per questo vivi, si trovano a vivere ognuno il proprio dramma, la propria privata tragedia shakespeariana che in quel frangente solo il cinema è in grado di rappresentare e fondere con quella teatrale. Ed è fantastico ritrovare il piacere di osservare come nel giorno della festa il teatro aveva il potere ed il carisma per divenire il solo luogo in grado di riunire, pur rigorosamente separati per localizzazione, ogni ceto e casta sociale, uniti ed avvinti dalla magia del racconto e della rappresentazione; e tutto questo relegando in alto, il più lontano possibile, ma in posizione inevitabilmente privilegiata - lassù nel cosiddetto “paradiso” - il ceto più povero, umile e e fracassone, stipato all’inverosimile, che si porta a teatro persino il fiasco di vino, oltre che la propria irresistibile esuberaza, e trova nello stesso, il mezzo ideale per evadere almeno per qualche ora dalla tragedia quotidiana in cui è costretto a sopravvivere.

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