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Un peuple et son roi

Regia di Pierre Schoeller vedi scheda film

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La recensione su Un peuple et son roi

di supadany
6 stelle

Venezia 75 – Fuori concorso.

Qualsiasi sia la carica ricoperta, un leader avrebbe il dovere di restare sempre al fianco del suo popolo. Il condizionale è reso necessario dalla constatazione dei fatti, per cui in tanti casi non è stato così, qualora non sia avvenuto l’esatto opposto.

Se il più delle volte il popolo ha subito supinamente o ha visto soffocata la ribellione nella violenza, in altre circostanze è riuscito a trasformare radicalmente il sistema. A tal riguardo, uno dei casi più emblematici è la rivoluzione francese, che Un peuple et son roi ripercorre dalla prospettiva del popolo e delle assemblee elette per prendere quelle decisioni che segneranno uno spartiacque storico.

Parigi, 1789. Con la presa della Bastiglia, prende corpo la rivoluzione francese, che vede il popolo scendere per le strade a reclamare un modello sociale completamente rinnovato, contestando apertamente anche la figura del sovrano Luigi XVI (Laurent Lafitte). Sono anni turbolenti e pieni di speranza, con l’Assemblea nazionale alle prese con delle decisioni fondamentali per le sorti della monarchia e l’avvento della Repubblica.

In questo stato di fibrillazione, la giovane Françoise (Adèle Haenel) s’innamora di Basile (Gaspard Ulliel), un ladro di polli che con l’inizio della rivoluzione ha intrapreso un nuovo percorso di vita.

 

scena

Un peuple et son roi (2018): scena

 

Un peuple et son roi è il primo film in costume diretto da Pierre Schoeller (Il ministro – L’esercizio dello Stato), impegnativo per la volontà di distillare i passaggi fondamentali della Rivoluzione francese, dalla presa della Bastiglia fino all’esecuzione della condanna a morte di Luigi XVI, in due ore nette.

Seguendo uno schema convenzionale, per quanto altrettanto sicuro, alterna ai principali fatti storici le vicende personali e le idee di un ristretto gruppo di personaggi.

La linea principale è disciplinata, in pratica un pamphlet da ripasso veloce, che rievoca lo stato di agitazione di quegli anni, la presenza nell’aria di particelle di libertà, fraternità e uguaglianza, la voglia di contribuire alla nascita di una società migliore, un ordinamento che fosse più aperto e meno corrotto, con la convivenza di vedute differenti, qui affrontate per lo più approssimativamente.

Al contrario, gli slittamenti sulle microstorie private non riescono a tenere accesa la passione, anche perché se Adèle Haenel trasmette la tenacia che la contraddistingue (ad esempio, già lampante in The fighters – Addestramento di vita e La ragazza senza nome), Gaspard Ulliel non è all’altezza della situazione e della compagna di set, perennemente marchiato da un’espressione da bello addormentato.

Il combinato disposto di questi due orientamenti, produce uno svolgimento frammentario, che avanza velocemente ripercorrendo i nodi principali, lasciando realmente poco spazio per la fermentazione dei singoli episodi.

Così, un massacro avvenuto durante una manifestazione di protesta, nasce ed esaurisce meccanicamente (vedere il finale di Peterloo è istruttivo per capire come creare le condizioni migliori in un ambito del genere), mentre la sfilza di deposizioni per determinare il destino del Re ha una foga grintosa.

In ogni caso, un po’ tutto rientra nei canoni prestabiliti: Pierre Schoeller non incide facendo in modo che i rischi corsi siano praticamente pari a zero, con tempi non sempre puntuali, un gran dispiegamento di comparse, attenzione all’ordine e qualche volto noto – su tutti Denis Lavant e Louis Garrel, con quest’ultimo nei panni di Robespierre - ad adornare le retrovie.

Una riduzione indolore, della categoria for dummies, indicato per chi ricerca esposizioni semplici e mirate.

Diligente, senza grandi acuti ma esente da derive scriteriate.

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