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An Elephant Sitting Still

Regia di Bo Hu vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su An Elephant Sitting Still

di port cros
8 stelle

Opera prima ed ultima di profonda sensibilità e disperazione, indubbiamente sprigiona tutto il pessimismo che ci si può attendere da una persona alla vigilia del suicidio.

 

locandina

An Elephant Sitting Still (2017): locandina

 

Apologo del male di vivere scritto, diretto e montato dal giovane autore Hu Bo, suicidatosi a soli ventinove anni appena completata questa sua opera prima ed ultima, che indubbiamente sprigiona tutto il pessimismo che ci si può attendere da una persona alla vigilia del suicidio.

 

Un criminale di mezza tacca si sente in colpa per il suicidio di un amico a cui aveva rubato la donna. Un nonno non accetta di essere relegato in una casa di cura perché la famiglia ha necessità di trasferirsi in una casa più piccola. Uno studente spinge un bulletto giù dalle scale per difendere un amico accusato di avergli sottratto il telefono. Un'umanità infelice, ed intrappolata dai propri errori, abitante una città della Cina interna, le cui storie si intersecano in una fitta rete: il criminale è il fratello del bulletto, il cui cellulare scomparso conteneva un video compromettente incastra il vicepreside della scuola che ha una relazione con una studentessa, la quale già ha un rapporto molto conflittuale con la madre.

L'unica metafora di evasione è la storia (leggenda metropolitana?) di un elefante seduto e sempre immobile allo zoo di Manzhouli, simbolo di un altrove che ci si può solo illudere sia migliore del posto dove attualmente si soffre.

 

scena

An Elephant Sitting Still (2017): scena

 

Conoscendo la tragica sorte dell'autore, non mi pare mera suggestione cogliere in determinati dialoghi la spia di quel male di vivere che lo attanagliava, la convinzione che sia impossibile sfuggire al dolore che caratterizza inevitabilmente la condizione umana: “La vita non migliora, è una continua agonia, l'agonia che ci portiamo dietro dalla nascita. Credi che un posto nuovo cambierebbe il tuo destino? Sono tutte stronzate. Posto nuovo, sofferenze nuove”.

 

Opera lunghissima, di quasi quattro ore, è caratterizzata da uno sguardo realista sul cupo grigiore di una Cina periferica, fatta di casermoni di cemento e squallidi quartieri fatiscenti, e da uno stile registico molto personale per un autore esordiente. Hu Bo dirada il più possibile i tagli, inscenando piuttosto lunghi e sovente complessi piani sequenza, anche nelle scene di dialogo e interazione tra i personaggi. La cinepresa segue costantemente alle spalle i protagonisti mentre si muovono attraverso gli spazi desolati della scuola, le strade della polverosa città o lo squallido corridoio di un ospizio, come in un costante inquieto peregrinare. Si concentra poi sui loro volti nei momenti più emotivi, con l'ambiente e altri personaggi, ritenuti meno importanti per l'economia della scena, spesso lasciati fuori fuoco, mentre certi eventi anche cruciali nella trama rimangono fuori dallo schermo e li scopriamo solo attraverso le reazioni altrui. Le scene sono inoltre spesso buie o comunque poco illuminate, simbolo dell'oscurità che avvolge le vite dei personaggi.

 

scena

An Elephant Sitting Still (2017): scena

 

Nonostante la cupezza esistenziale, l'assenza di speranza e la lunghezza formidabile, la pellicola riesce a catturarci con la sua disillusa profondità ed indubbia sensibilità, a farci empatizzare per la fragilità di questi disperati, tutti accomunati da questa tragica condizione umana, così come i personaggi sullo schermo, riuniti dalla sorte, imparano ad empatizzare gli uni con gli altri. Alla fine il criminale comprende persino chi ha causato la morte del fratello, rinunciando alla vendetta, perché si rende conto di essere anche lui colpevole: siamo tutti egoisti nel ferire gli altri, ma anche noi veniamo costantemente feriti in un meccanismo tanto crudele quanto ineluttabile, come si spiega in un altro sconfortante dialogo: “La mia vita è come un cassonetto, la spazzatura continua ad accumularsi un sacco dopo l'altro e nessuno viene a raccoglierla.” -“E' così per tutti. Credi di essere l'unico a non farcela?”.

 

scena

An Elephant Sitting Still (2017): scena

 

Se la comune comprensione e condivisione del peso dell'esistenza possa costituire un appiglio alla sua sopportazione è una questione lasciata aperta dal finale, che ci lascia quindi forse con un tenue barlume di speranza. Alla fine lo studente, la sua compagna e il nonno con la nipotina intraprendono insieme il viaggio verso Manzhouli per vedere il mitico elefante: ma noi non lo vedremo mai, sentiremo soltanto il suo barrito squarciare l'oscurità della notte.

 

scena

An Elephant Sitting Still (2017): scena

 

 

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