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Cielo di fuoco

Regia di Henry King vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Cielo di fuoco

di vermeverde
9 stelle

Cielo di fuoco (titolo originale Twelwe o’clock high) riguarda le vicende del gruppo 918 di bombardieri B17 di stanza ad Archbury in Inghilterra nel 1942; è stato girato nel 1949 da Henry King, pilota egli stesso, che durante la guerra prestò servizio nella difesa aerea degli USA. Si tratta di un film anti-spettacolare, che si distacca dai consueti film di guerra, in cui i combattimenti sono mostrati solo alla fine utilizzando documenti filmati dal vero da USAF e Luftwaffe come indicato nei titoli di testa (forse anche per motivi di budget). È una riflessione postbellica quando, cessata la necessità della propaganda e della giustificazione del conflitto, erano all’ordine del giorno sia il problema del rientro dei reduci, sia le devastazioni non solo materiali, che la guerra aveva provocato anche sulla psiche umana.

Il film inizia nel 1949 con l’ormai ex maggiore Harvey Stovell (Dean Jagger, premio Oscar quale migliore attore non protagonista) il quale nel  e parte così  trova in un negozio una vecchia brocca raffigurante un pirata, cimelio della base di Archbury dove poi si reca e sul vecchio campo, ora un pacifico pascolo, si lascia invadere dai ricordi. Un bel movimento circolare di macchina riporta, senza stacchi, il tempo al 1942 e parte così un flashback che riempie l’intera pellicola.

Il gruppo 918, comandato dal colonnello Davenport (Gary Merrill) è poco efficiente e subisce numerose perdite: il personale è demotivato e sfiduciato e la causa è individuata nel comandante molto depresso e troppo attaccato ai suoi uomini per cui il generale Pritchard (Millard Mitchell) affida il comando al suo aiutante, generale Frank Savage (Gregory Peck).

Savage esercita il comando con inflessibile rigore, sferzando i sottoposti fini ad ottenere da loro il “massimo sforzo” e anche più, celando accuratamente l’empatia che pur prova per loro. Caso assai raro nei film di guerra i dialoghi prevalgono nettamente sulle azioni e mostrano l’evolversi degli stati d’animo dei protagonisti nessuno dei quali è, umanamente, mai completamente nella ragione o nel torto. Punto focale del film è la ricerca del “massimo sforzo” che i vertici chiedono ai combattenti il cui significato può avere varie interpretazioni e il raggiungimento del quale comporta il danno fisico, la morte o il crollo nervoso. In questo si può vedere, in controluce, se non una velata critica almeno un freddo distacco dalla mentalità militarista, e, certamente, un ripudio della guerra che stravolge gli uomini.

Al di là dei suoi significati, più o meno opinabili, il film è di elevata fattura sia per la regia che con la sua stringatezza rende avvincente la storia senza cali di tensione sia per l’ottima prova degli attori che rendono umanamente credibile la complessità dei personaggi interpretati, e, in particolar modo, del carismatico Gregori Peck che qui fornisce una delle migliori prove della sua carriera.

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