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Salto nel vuoto

Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Salto nel vuoto

di hallorann
8 stelle

Le foto in b/n di alcune scolaresche e le urla incomprensibili di un uomo sovrastate dalle note di Nicola Piovani fanno da sfondo visivo e sonoro ai titoli di testa di SALTO NEL VUOTO. Un uomo osserva da un balcone verso il basso un corpo steso per terra coperto da un lenzuolo. L’uomo è il giudice Mauro Ponticelli e sta compiendo un sopralluogo in un appartamento in cui una ragazza si è appena suicidata, ascolta un messaggio dalla segreteria telefonica: una voce maschile la incita a suicidarsi e a lasciarlo libero. Il fratello della vittima accusa l’uomo di aver ingannato e rubato dei soldi alla sorella, …si chiama Giovanni Sciabola…(cognome curioso come accade spesso nel cinema bellocchiano). Il giudice ha un’intuizione. Egli vive con la sorella Marta in una sorta di rapporto simbiotico. Entrambi sono riservati, solitari e diffidenti. Lui vigila su di lei perché depressa e disturbata psicologicamente, parla da sola e ha contatti solo con la domestica Anna. Anche il giudice ha le sue stranezze: non sopporta il piccolo Giorgio, figlio di Anna, spia la sorella e solo da lei si fa preparare da mangiare. Conducendo l’inchiesta sul suicidio iniziale interroga e avvicina nel privato Giovanni Sciabola, un attore dilettante di teatro off con dei precedenti penali. Dai sogni notturni dei protagonisti capiamo che nell’infanzia la famiglia Ponticelli ha convissuto con la follia di un familiare. Tornati alla realtà Marta fugge dal battesimo di una nipotina, Mauro discute con i fratelli l’eventuale ricovero della sorella in una struttura psichiatrica. Intanto egli spinge Giovanni nelle braccia  di Marta che appare lusingata dall’incontro. I pensieri di morte verso gli altri e la sorella confidati all’attore e la gelosia verso il mutamento caratteriale di lei si impossessano sempre di più del giudice. Inoltre egli assiste impotente al furto, al saccheggio e alla profanazione della casa da parte di Sciabola e di due ladri. Il suo fragile equilibrio viene spezzato dalla decisione di Marta di trascorrere un paio di giorni al mare con Anna e il piccolo Giorgio.

Marco Bellocchio con SALTO NEL VUOTO (scritto con Piero Natoli e Vincenzo Cerami) torna a esaminare in profondità le contraddizioni e la follia all’interno della famiglia. I “coniugi” Mauro e Marta appartengono alla borghesia, isolati e malati di solitudine, detestano (Mauro) e guardano con stupore (Marta) l’immagine positiva rappresentata dalla domestica e dal bambino. A sua volta loro vedono lui come un estraneo e una presenza ingombrante anche per Marta. …non mi obbedisce più nessuno…non esisto più. Il film si apre con un appartamento simile a quello del giudice, anche il fratello disperato della vittima voleva buttarsi di sotto, l’ossessione dei suicidi dal balcone è qualcosa di più di una deformazione professionale. Immagino la morte di tutti quelli che conosco…solo il pensiero della morte mi tranquillizza, confessa Mauro all’ambiguo attore, figura tra il diabolico e il clownesco, introdotto come elemento di disturbo e di liberazione dal dolore/malattia dei Ponticelli. Meglio morta che pazza, dice ancora Mauro della sorella durante un alterco con Sciabola. Eppure nelle immagini oniriche (suggestive e originali: i piccoli Ponticelli sbucano in camicia da notte da sotto i letti dei protagonisti adulti, da dietro i divani e dagli armadi muovendosi negli stessi identici ambienti) Marta appare rassicurante mentre canta una ninna nanna a un fratello minore e somministra una medicina a un familiare misterioso (il padre? uno zio? o Mauro?) malato di mente che urla e sbraita. E sempre Marta che conforta uno smarrito e terrorizzato Mauro nello sgabuzzino dopo il saccheggio (a un certo punto nella scena appaiono i piccoli Ponticelli, i quali assistono e completano divertiti lo scempio compiuto sotto i suoi occhi dal poco di buono Giovanni: una proiezione nostalgica dell’infanzia da parte di Mauro per stemperare le inquietudini del presente?). Alla fine capiremo che l’anello debole della famiglia è proprio il giudice. Infatti lo vediamo lanciare pietre all’indirizzo del barcone-palcoscenico dei teatranti sul Tevere che gli hanno momentaneamente “rubato” la sorella e in casa mimare atti sessuali nel letto vuoto di Marta. Quest’ultima invece superato l’incontro -“trauma” felice con un uomo saprà guardare con occhi diversi la vita, mentre lui sentendosi “tradito” e perduta la sua stampella crollerà.

Nelle attorcigliate menti e nelle complesse personalità dei due fratelli si avverte il cinema psicanalitico futuro del regista piacentino e alcuni temi che faranno da pilastro a pellicole successive. Straordinari i due attori francesi Michel Piccoli e Anouk Aimèe, perfetto Michele Placido, idem Giampaolo Saccarola. Nel cast troviamo anche la moglie (all’epoca) Gisella Burinato, il figlio Piergiorgio, Remo Remotti e Carlotta Natoli. Tra i validi contributi tecnici sono da segnalare le puntuali e preziose musiche di Nicola Piovani.

 

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