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Le ereditiere

Regia di Marcelo Martinessi vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Le ereditiere

di alan smithee
6 stelle

CINEMA OLTRECONFINE/FESTIVAL DI BERLINO - ORSO D'ARGENTO ALLA MIGLIOR ATTRICE

A volte sono le difficoltà che inducono ad uscire da una trincea che pareva invalicabile, o che non si pensava nemmeno di avere intenzione di scavalcare, per affacciarsi nel mondo.

Chela e Chiquita sono compagne da decenni, figlie di una nobiltà decaduta che le ha sempre allevate in una bambagia amorevole, ma anche castrante, in grado di renderle inette e poco propense a vivere ognuna secondo le proprie attitudini.

Rimaste senza rendita, sono entrambe costrette a liberarsi dei "tesori" di famiglia, mobilia preziosa, cimeli e pezzi di antiquariato che ornano la casa patrizia (noi vediamo quella di Chela, in particolare, ove vivono le due donne, un po' annoiate, un po' disilluse verso un futuro che pare essere svanito, o non essere per loro mai esistito). Quando Chiquita finisce in prigione per un accusa di frode verso il fisco, la compagna si trova costretta a dirigere da sola le operazioni di liquidazione dei pezzi di arredamento di casa sua; l'occasione inconsueta ed imprevista, consentirà alla donna di vivere, per la prima volta, l'ebbrezza di emozioni e ansie che non avevano mai fatto parte della sua vita, ovattata e protetta oltre ogni logica: l'occasione di riprendere a guidare dopo anni (si improvviserà autista di donne ricche, ma non decadute come lei e la compagna), la conoscenza di una bellissima donna molto più giovane, saranno solo due dei fattori in grado di ridare alla donna quel senso di emozione che mai la donna era riuscito a far suo.

La circostanza di dover di li a poco rientrare in quei ranghi ormai soffocanti ed insopportabili, resa concreta con la scarcerazione della compagna, indurrà la donna a darsi alla fuga.

Per la regia del paraguaiano Marcelo Martinessi, Le Ereditiere viene scientemente collocato dall'autore fuori da ogni definita connessione temporale precisa che si discosti da una generica, vaga contemporaneità, prefiggendosi lo scopo di descrivere in modo piuttosto preciso e scenograficamente accurato, i dettagli di una prigionia volontaria che rende un intero ceto sociale completamente fuori da una dimensione attuale che gli consenta di stare al passo coi tempi.

Accurato nell'indagine scenografica, minuziosa e suggestiva non solo nella rappresentazione della casa-museo in svendita, il film è un po' sfilacciato narrativamente, facendo fatica a creare quei collegamenti necessari allo spettatore per metterlo al corrente dei fatti e delle svolte, come delle singole caratteristiche dei vari personaggi intervenienti, senza necessariamente dover raccontare tutto o procedere in prolisse presentazioni ufficiali, che per fortuna il regista evita.

Notevole, giustamente premiata a Berlino 2018, la prestazione della protagonista Chela, offerta dalla bravissima (ed attonita) attrice Ana Brun: la sua aria perplessa, sbigottita di fronte ad un mondo che pare scorgere per la prima volta, la percezione estatica delle sensazioni nuove, siano esse anche solo quelle derivanti dalla sensazione del fumo di una sigaretta offerta dalla bella nuova amica e provata per la prima volta, sono rese con un candore che restituisce integro lo spessore di una vera emozione, accolta con la schiettezza genuina di chi la vive per davvero.

Da un paese lontano, poco noto e scarsamente oggetto di attenzioni mediatiche per quel che attiene la sua comunque movimentata storia socio-politica anche recente, e pure molto poco prolifico cinematograficamente, Le Ereditiere resta senz'altro un'opera preziosa e rara, che è un piacere inconsueto poter ritrovare distribuita almeno in qualche sala volenterosa e lungimirante. 

 

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