Regia di Eva Husson vedi scheda film
Nelle mani di una regista incompetente, la storia del battaglione femminile curdo in lotta contro l'Isis si riduce ad un polpettone banale e piagnucoloso che sprofonda nella retorica più stantia.
71° FESTIVAL DEL CINEMA DI CANNES (2018)
La giornalista di guerra francese Mathilde (Emmanuelle Bercot) a fine 2015 si reca nel Kurdistan per documentare le gesta del battaglione femminile in seno alle milizie peshmerga curde impegnate in una lotta all'ultimo sangue per salvare la loro terra dall'aggressione dei fondamentalisti di Daesh/Isis. La piccola armata muliebre è guidate dalla valorosa Bahar (Golshifteh Farahani), che ha più di una ragione personale per combattere i fondamentalisti.
Una storia quindi interessantissima, che, sulla carta avrebbe potuto regalarci un grande film bellico, o un dramma sulla resistenza tenace di fronte al male o perlomeno un'istantanea efficace sull'attualità di un conflitto al tempo stesso locale e globale.
Invece , purtroppo, nelle mani di una regista incompetente, tutti gli spunti interessanti vengono buttati via per incapacità di renderli sullo schermo e la pellicola si riduce ad un polpettone banale e piagnucoloso che sprofonda nella retorica.
Le scene di battaglia certamente la Husson non le sa girare, infatti sono totalmente prive di tensione e di pathos, ed anche il dramma della madre separata dal figlio rapito dall'Isis è reso con piatta banalità da telenovela, mentre il personaggio di Mathilde che dovrebbe fungere da narratrice rimane scollegato dalle altre e sospeso nel nulla.
All'eroismo delle valorose combattenti curde non si rende certo un buon servizio affogandolo in una stantia retorica femminista che, invece di far emergere le diverse sfaccettature delle personalità femminili, le riduce a figurine piatte e unidimensionali.
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