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Shadow

Regia di Zhang Yimou vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Shadow

di yume
9 stelle

Ying (Ombra) è un film di arti marziali (wuxia) sul conflitto tra due gruppi feudali, Yin e Yang.

locandina

Shadow (2018): locandina

 

Fino a giugno non si sapeva dove e quando sarebbe stato presentato il nuovo film di Zhang Yimou.

Ora lo sappiamo e Venezia ringrazia, nelle sale arriverà a dicembre e il consiglio è di non perderlo.

Venezia gli ha attribuito il premio Jaeger-LeCoultre Glory to the Filmmaker 2018perché,ha dichiarato Alberto Barbera : “Zhang Yimou non è soltanto uno dei registi più importanti del cinema contemporaneo, ma con la sua eclettica produzione ha saputo rappresentare l’evoluzione del linguaggio cinematografico mondiale e, al tempo stesso, l’enorme crescita del cinema cinese.  Zhang Yimou è stato un pioniere per la sua capacità di tradurre autori, storie e in generale la ricchezza della cultura cinese in uno stile visuale unico e inconfondibile.”

 

Chao Deng

Shadow (2018): Chao Deng

 

Per gli appassionati del genere nulla di nuovo sotto il sole, Zhang Yimou è sempre una promessa mantenuta con raddoppio, ma la sfida di questo film è per quel pubblico per cui l’Estremo Oriente resta estremo e finisce lì.

Eppure un’occhiata va data, si resta senza fiato.

 

Partiamo dal titolo, Shadow, per capirci, Ying in cinese.

L’ “ombra” è un topos centrale nella cultura del medioevo nippo/cinese, Kurosawa usa Kagemusha e ne fa un capolavoro.

L’ “ombra” è il doppio, il sosia del potente, l’uomo del popolo scelto dai dignitari di corte per diventare il suo kagemusha, lo ying, in tempi in cui attentati alla persona del re e dei suoi cortigiani erano frequenti. L’ombra è un uomo dell’ultimo gradino della scala sociale (in Kurosawa è un condannato a morte) che si dissocia da sè per calarsi totalmente nell’identità dell’altro in una pratica di asservimento così alienante da non passare inosservata agli occhi del profondo umanesimo di Kurosawa di cui, per molti aspetti, Zhang Yimou eredita il magistero e alcuni stilemi.

Le piogge, le famose piogge di Kurosawa, ad esempio. E’ la sequenza centrale del film, grondante d’acqua e fango, preceduta e seguita dai due interni della reggia in una scansione tripartita di grande compostezza formale. Nei due interni si addensano i contrasti, scoppiano le passioni, si tramano intrighi, si arriva alla catarsi con epilogo che butta lo sguardo sul futuro.

Nella sezione centrale si scatena l’inferno e il dinamismo potente del wu-xiapan si produce in una fantasmagoria di quadri che sono energia pura, fantasia, libertà inventiva ai vertici, epica pervasiva e fiammeggiante.

 

Ying (Ombra) è un film di arti marziali (wuxia) sul conflitto tra due gruppi feudali, Yin e Yang.

Ambientato nell' era dei Tre Regni della Cina (220 – 280 d.C.) ruota intorno ad un giovane re in esilio che intende riappropriarsi della propria terra.

Lo scontro di forze a corte è sotterraneo, il primo ministro fa il doppio gioco e offre in segreto la sorella del re come concubina all’avversario ottenendo laute ricompense, il generale, molto malandato per le ferite di guerra, vive in una segreta e lo Ying, identico anche nelle ferite all’originale, ma giovane e prestante, è assolutamente irriconoscibile e garantisce così al potere del re una forza che altrimenti vacillerebbe. C’è infine la moglie del generale, bellissima, ed è inevitabile che fra lei e lo Ying nasca qualcosa, ma la sua fedeltà di sposa è eburnea e solo lo scioglimento finale dell’intreccio complesso darà il giusto premio a chi ha agito con onore.

Tutti gli altri muoiono sgozzati in vario modo, l’inventiva di Yimou nel costruire le scene è caleidoscopica, il montaggio acrobatico e i duelli coreografie di sontuosa bellezza.

 

La palette dei colori è in bianco e nero e in un grigio argenteo che è colore dell’ombra, il riflesso serico, il bagliore cangiante di armature di straordinaria eleganza e di spade d’acciaio fissate in ombrelli roteanti che scattano come proiettili durante l’attacco.

Arti marziali, thriller e misticismo convivono in un canto epico di grande sfarzo, gestito senza ridondanza, e quando i toni corruschi sembrano prendere il sopravvento l’intervento della musica o un tocco di ironia smorzano l’enfasi.

Maestro nel genere wu-xiapan, rispetto ad Hero del 2002 avvertiamo una maturità stilistica pienamente raggiunta.

Yimou elabora una vicenda resa complessa dalle diverse prospettive individuali rappresentate, e in questo realizza piena corrispondenza con il tema dell’ombra, della maschera.

La realtà è mutevole, spesso ingannevole, le donne intrappolate nel palazzo reale e gli uomini nelle loro corazze sono facce della stessa medaglia e ognuno è portatore di una sua verità che inevitabilmente va allo scontro con l’altro.

 

L’estetica del grande cinema orientale ha trovato cantori insuperabili che ad un tema universale come questo hanno dato forme inedite, Yimou ne ha raccolto il testimone aderendo alla tradizione e insieme rinnovandola, e il tema dei mondi in lotta fra loro ma “uniti sotto lo stesso cielo”, formula chiave che fu alla base della nascita della Cina, trova qui un equilibrio perfetto di contenuto e forma.

Le arti pittoriche e musicali forniscono un sostegno prezioso, il duetto sonoro del generale e sua moglie traduce in figure sonore quello per cui le parole non basterebbero, un ordito polifonico di grande forza visiva esalta la visione tutta orientale che definisce il potere come custode della cultura e della pace.

 

Ma Zhang Yimou è figlio del suo tempo, e la donna che ha assistito muta e inerme allo scontro di potere fra uomini corre, nel flash finale, in un meraviglioso fluttuare di veli e capelli, a guardare, allibita e, purtroppo, ancora una volta impotente, l’ombra che non ha più bisogno dell’originale per vivere.

Ora Ying prenderà il suo posto e la giostra può continuare.

 

 

 

www.paoladigiuseppe.it

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