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Roma

Regia di Alfonso Cuarón vedi scheda film

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La recensione su Roma

di supadany
8 stelle

Venezia 75 – Concorso ufficiale.

Quando una congiunzione di eventi avversi prende il sopravvento, il mondo circostante appare come avvelenato, con una forza d‘inerzia che tende a remare in direzione di un progressivo e inarrestabile deterioramento, fino a distruggere ogni certezza - anche minuscola - in mille pezzi. Situazioni che, in modi diversi, non fanno distinzioni tra classi sociali, razze o credo religioso, per questo da affrontare potendo contare su qualunque disponibilità. Per instaurare un nuovo campo base e ritrovare il sorriso, senza che le correnti dell’oceano portino lontano dalla riva, occorre realmente poco e il più delle volte è situato più vicino di quanto potremmo credere. Da afferrare senza aspettare che accada un miracolo, bensì prendendo l’iniziativa.

Città del Messico, agli albori degli anni settanta. Nel quartiere chiamato Roma, vive una famiglia borghese, presso la quale Cleo (Yalitza Aparicio) lavora come donna di servizio insieme a Adela (Nancy Garcia). Mentre la città è scossa da proteste studentesche e repressioni militari, Cleo deve fronteggiare una situazione inattesa e Sofia (Marina de Tavira), la padrona di casa, è abbandonata dal marito di punto in bianco, con quattro figli ai quali non ha il coraggio di raccontare la verità.

Nonostante le differenze che le separano, le due donne tenteranno di individuare una via per ripartire.

 

Yalitza Aparicio

Roma (2018): Yalitza Aparicio

 

Dallo spazio a un quartiere di Città del Messico, dalle star di Hollywood ai volti di strada, dagli Oscar al Leone d’oro, un primo passo che premette un futuro radioso.

A cinque anni di distanza da Gravity e dopo un altro paio di produzioni assai quotate (I figli degli uomini e Harry Potter e il prigioniero di Azkaban, la mosca bianca e dark della saga sul maghetto più famoso di sempre), Alfonso Cuarón torna a casa, nel suo Messico, che non lo vedeva protagonista dal 2001, quando diresse l’intimo Y tu mama también.

Una tappa particolarmente sentita, come lo è ogni occasione per un autore che dirige in media un film ogni cinque anni, con scaglie autobiografiche e un’attenzione quasi maniacale, che testimonia l’espressa volontà di non lasciare nulla al caso.

Così, Roma crea uno spazio iniziale per acclimatarsi, evidenziando subito elementi ritornanti (l’acqua per pulire il pavimento segue il moto delle onde del mare quando bagnano la spiaggia), coadiuvando una confidenza fondamentale per mettere lo spettatore nelle condizioni di vivere sulla propria pelle le pagine salienti del racconto.

Un’impostazione che, dall’alto di un bianco e nero luminoso e la valorizzazione del dettaglio tramite movimenti di camera vellutati, metodici e perpetui, segue il fluire della normalità, imbastendo una lunga – ma non interminabile – processione che modifica la percezione.

Una gestazione che accende i riflettori sulla frantumazione dei rapporti, gli abbandoni che lasciano senza parole e la dura realtà dei sentimenti, con i dualismi tra uomini e donne, classi altolocate e proletariato, l’ordine di una casa e il caos delle strade, partendo da una forma di realismo che mostra il marcio, senza arrendersi all’evidenza, chi scappa a gambe levate dalle responsabilità e chi dalle macerie riparte, anche solo perché la parola resa deve essere dimenticata.

Una sensibilità sconfinata, che raramente abbraccia un affiatamento così appagante con la forma, e le donne alle redini del loro destino e del futuro di tutti (i bambini da crescere), con alcune composizioni letteralmente meravigliose, tra le quali rimarrà indimenticabile un salvataggio in mare, un accompagnamento tra la spiaggia e le onde che - in materia - è la più ammaliante da Un sapore di ruggine e ossa (quando lui porta lei a riscoprire un gusto dimenticato, con sempre la vita di mezzo).

 

Yalitza Aparicio

Roma (2018): Yalitza Aparicio

 

Roma è il prototipo del film d’autore formato festival, dove ogni elemento è calibrato al millimetro e l’inizio ritrova il finale sotto mutate spoglie, con una doppia vicenda personale che svela un contesto sociale e parla una lingua universale, il senso di appartenenza che va oltre le descrizioni giuridiche, dando un indizio esplicito sul senso della parola famiglia.

Tra tanti struggimenti, vincono la speranza e la solidarietà. E con loro il cinema.

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