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Burning - L'amore brucia

Regia di Chang-dong Lee vedi scheda film

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La recensione su Burning - L'amore brucia

di gaiart
8 stelle

148 minuti di intensità, suspance, originalità, dove apparenza, essenza e sparizione lavorano come un triangolo delle Bermuda sullo spettatore, affossandolo, inghiottendolo e lavorando sulle percezioni e la magia della sparizione.

The aesthetics of the disappereance

 

148 minuti di intensità, suspance, originalità dove apparenza, essenza e sparizione lavorano come un triangolo delle Bermuda sullo spettatore, affossandolo, inghiottendolo e lavorando sulle percezioni e la magia della sparizione.


Il gatto esiste o no? Haemi esiste o è una proiezione del giovane scrittore? La storia c'è o è solo la visione interiore di uno sceneggiatore agli inizi? Questi tre interrogativi basterebbero a chiudere la recensione qui e ad aprire gli interrogativi necessari per accostarsi a un film tanto potente quanto subdolo, tanto enigmantico, quanto evidente.

 

Nelle due conferenze tenute nel 1987, e rivolte soprattutto ad utenti-artisti, o comunque al mondo culturale che gravitava intorno al cinema e arte, Jean Baudrillard sottolineava il paradosso cui assistiamo da alcuni decenni: a un sostanziale immobilismo, a un’inerzia, a una mancanza di ispirazione e alla mancanza di profondità e di originalità di chi opera artisticamente, corrisponde una frenesia produttiva, un movimento convulsivo e proliferante dei prodotti artistici. Tutto diventa arte, “tutto è estetico, niente è più bello né brutto, e l’arte stessa sparisce”.

Si regge forse su queste basi e sul loro paradosso, il film Burning, tratto dal racconto breve, Barn Burning (Granai incendiati) del giapponese Haruki Murakami, e ambientato in Corea del sud, terra del regista Lee Chang-Dong, la cui capacità di creare mistero e riempire dei vuoti, dei non detti, è miracolosa, dando vita a un vero e proprio gioiellino. Di sicuro deve aver letto Verilio con la sua Estetica della sparizione, perchè tutto conduce all'inesistente.

Jongsu, giovane fattorino, incontra Haemi in un centro commerciale. La ragazza lo seduce e gli ricorda che erano amici da piccoli. Parte per l'Africa. Gli lascia un gatto da curare. Torna e ha un nuovo ricco amico straffottente Ben, che gira in Porsche. O era una Ferrari? Mah, fa lo stesso.

Steven Yeun e Ah-in Yoo sono i due interpreti maschili ottimamente diretti come la protagonista, libera e enigmatica, perfetta per convogliare un ruolo che non c'è o si dissipa strada facendo. E Ben, nel frattempo, forse per noia, forse per vuoto, da fuoco alle serre, trasparenti e inani, vuote e evanescenti, spazi del nulla, così come passatempo, come reunion contro la sua rabbia o quella della gioventù senza lavoro e senza anima, di oggi.


"La storia di Murakami mi ha spinto a concentrarmi su una realtà contemporanea: la rabbia che provano i giovani d'oggi" - racconta il regista in conferenza a Cannes.
"Sembra che i giovani di tutto il mondo, indipendentemente dalla nazionalità, religione o status sociale, siano arrabbiati per vari motivi. La loro rabbia è un problema particolarmente urgente da risolvere. Anche i giovani coreani stanno vivendo un momento difficile a causa della disoccupazione, non vedendo alcuna speranza nel presente e nessun miglioramento nel futuro.

 

Incapaci di identificare il vero bersaglio verso cui dirigere la loro rabbia, si sentono impotenti. Nonostante il mondo sembri diventato sempre più sofisticato e adatto, un posto all'apparenza perfettamente funzionante, per molti giovani è come se fosse un grande puzzle da risolvere di fronte a cui sentirsi inutili, impotenti. O svogliati, come il protagonista della storia di Murakami, il cui interesse viene risvegliato solo dal mistero.

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