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BlacKkKlansman

Regia di Spike Lee vedi scheda film

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La recensione su BlacKkKlansman

di diomede917
8 stelle

 

Spike Lee è tornato.

E’ dai tempi de la 25° Ora che non realizzava un film tosto sia per tematica che per messa in scena.

Un film che a Cannes non è passato inosservato vincendo il Gran Premio Speciale della Giuria, a Locarno è stato accolto da una standing ovation e lo stesso Box Office USA ha gradito mettendolo tra i favoriti al prossimo Oscar.

Le tematiche sono le stesse care a Spike Lee e lui continua ad essere la voce arrabbiata di una certa America che evidenzia le contraddizioni di un Paese esportatore di Democrazia e fortemente autarchico in tema di razzismo.

Il punto di partenza di BlaKKKlansman (con le 3 K belle in evidenza) è la storia vera di Ron Stallworth, poliziotto afroamericano che riusci insieme a un collega ebreo ad infiltrarsi nella sezione del Ku Klux Klan di Colorado Springs riuscendo a ricoprire ruoli di una certa importanza nella sua sezione.

Il vero paradosso è che riuscì a entrare nel KKK rispondendo a una semplice inserzione di reclutamento pubblicato in un quotidiano.

Ed è proprio questo è lo stile che intraprende il regista, raccontando una storia assurda che sembra scritta dai fratelli Coen ma che in realtà è drammaticamente.

Si ride, si sberleffa un gruppo di esaltati che si rifugiano in valori radicati nella loro cultura e che fino a quel momento si esternalizzavano unicamente in un simbolismo quasi arcaico come dare fuoco a delle croci.

La prima cosa che colpisce del film è che è fortenemente divertente. Come per Summer of Sam il punto di forza è la perfetta ambientazione del contesto socio culturale del momento.

Un 1979 caratterizzato da pettinature afro aggrssivissime e una colonna sonora discomusic ad ogni angolo della strada.

BlacKKKlansman va oltre il concetto di “Tratto da una Fottuta storia vera”, l’obiettivo di Spike Lee è il razzismo sotto le sue svariate forme e la sua trasformazione nel corso dei tempi. Dal 1979 al 2017 all’alba del Mandato Trump.

Colpiscono alcune situazioni decisamente comiche come quando il capo del KKK spiega al telefono la differenza che esiste tra un bianco e un nero nel pronunciare la parola “Quando”.

Colpisce la differenza tra White Power e il Black Power come fossero due facce della stessa medaglia, due estremismi che paradossalmente hanno diversi punti in comune come quello di considerare i poliziotti dei maiali contro cui ribellarsi.

Colpisce la scelta di due alter ego, uno piccolo e nero e l’altro alto ed ebreo (ottimamente interpretati da John David Washngton e Adam Driver). Uno scambio di ruoli che spesso confonde gli stessi protagonisti e li spinge a fare cose inimmaginabili una su tutte la Polaroid con i vertici del KKK.

Colpisce come sempre il citazionismo cinematografico di Spike Lee che arriva a citare apertamente the Birth of a Nation di Griffith forse il primo film che mette in evidenze le contraddizioni dell’uomo diviso tra amore e odio. Dove il Ku Klux Klan

E soprattutto colpisce il finale. Duro, attivista, come il primo Spike Lee.

Quello di Fa la Cosa giusta, quello che con taglio documentaristico ci mostra tutta la violenza espressa a Charlottesville.

Una Violenza quasi giustificata da Trump che definisce il Klan “Brava Gente” e che ha nella figura di David Duke il vero trait d’union con l’intero film.

BlacKKKlansman è l’esame di maturità stilistico di Spike Lee, dove riesce a pungere senza rabbia spropositata; e chissà che non arrivi il tanto meritato Oscar come premio a una carriera fatta di capolavori che hanno raccontato una certa America multietnica, contradditoria, razzista, violenta ma tutta condito con una spruzzata di poesia narrativa che lo ha sempre salvato da un certo pessimismo di fondo.

Voto 8

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