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I fratelli Sisters

Regia di Jacques Audiard vedi scheda film

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La recensione su I fratelli Sisters

di Spaggy
8 stelle

Chiamato a lavorare negli Stati Uniti su commissione, il francese Jacques Audiard – il cui nome non ha di certo bisogno di alcuna presentazione – si cimenta con The Sisters Brothers con un genere alquanto pericoloso: il western. Il genere è pericoloso perché i suoi sostenitori sono i più estremisti dei cinefili. Non sempre chi tenta oggi un’operazione nostalgia viene accolto tra gli applausi: capita sovente il contrario, ovvero che venga attaccato, fischiato e rifiutato. Negli ultimi anni abbiamo assistito a un’ovazione pressoché unanime nei confronti di Tarantino, che il western lo ha coniugato al pulp riscrivendo ad esempio la storia dell’immortale Django. Difficile allora pensare fino a ieri che un’ulteriore via alla reinvenzione del genere sia possibile. Audiard riesce nell’impossibile e inventa quello che possiamo definire il western freudiano, in cui entrano in gioco, tra un colpo di pistola e una visita a un saloon, i fattori psicologici e psichiatrici tanto amati dall’illustre specialista del settore.

Jake Gyllenhaal, Riz Ahmed

The Sisters Brothers (2018): Jake Gyllenhaal, Riz Ahmed

 

In The Sisters Brothers, tratto dal romanzo Arrivano i Sisters di Patrick De Witt (edito fortunatamente anche in Italia), si racconta la storia di Charlie ed Eli Sisters, due fratelli che per vivere lavorano al saldo di uno spietato e potente Commodoro come assassini. Alle spalle hanno una reputazione di cui Charlie, il minore dei due, va fiero e ama vantarsi. Conosciuti in tutto il vecchio e selvaggio West, i Sisters non hanno remore nello sparare a chiunque si mette in mezzo tra loro e l’obiettivo da raggiungere: l’efferata violenza e la nomea che li accompagna sono del resto un punto a favore e non rappresentano uno svantaggio. Il Commodoro punta su loro per catturare Hermann Kermit Warm, un cacciatore d’oro e chimico che ha messo a punto una formula “divinatoria” che lo aiuterà a trovare in maniera veloce la ricchezza a cui aspira. Il tramite per arrivare a Warm è John Morris, una sorta di detective ante litteram con la passione per la scrittura. I Sister e Morris si danno appuntamento in due differenti città, Jacksonville e Mayfield, con l’intenzione di arrivare alla seconda solo nel caso in cui Morris non acciuffasse Warm prima. I viaggi dei Sisters e di Morris procedono in maniera parallela: da un lato vediamo i fratelli farsi strada tra praterie, boschi e canyon, affrontare gli attacchi delle bestie selvatiche (un orso e un ragno, in primis) e fermarsi a divertirsi un po’; dall’altro lato, invece, assistiamo all’avvicinamento di Morris a Warm, le sue tattiche di aggancio e il suo finir ammaliato da colui che avrebbe dovuto limitarsi a catturare.

I Sisters durante la traversata del West parlano molto tra di loro, raccontando squarci del loro passato e spogliandosi dei luoghi comuni che rivestono le figure dei cowboy. Scopriamo così che Eli, il maggiore, ha lasciato al villaggio una donna di cui è innamorato e che gli ha regalato uno scialle (indumento al centro di una delle scene più divertenti della pellicola) e che Charlie ha cambiato carattere, divenendo violento e alcolizzato, negli anni a causa di quanto occorso con l’odiato padre. In più, apprendiamo che nonostante la differenza di età, a prendere il posto del defunto genitore è stato Charlie, che da più piccolo è diventato una figura paterna sui generis per il fratello.

Il tormentato rapporto che i Sisters hanno avuto con il padre si riflette anche in quello che sia Warm sia Morris hanno avuto con il proprio genitore. Il primo è stato abbandonato mentre il secondo se n’è andato di casa per via delle divergenze. Il condividere tale status di figli incompresi fa sì che tra Warm e Morris si formi uno strano legame amicale, che in certi frangenti diviene ambiguo e dai contorni poco chiari. Morris necessita di qualcuno che gli proponga una prospettiva di vita diversa e Warm ha ciò che potrebbe garantirgli stabilità. Insieme progettano di fondare una nuova compagnia, ne disegnano persino il logo e sognano. Ma soprattutto parlano della fondazione di uno tipo di società civile in Texas, a Dallas, immaginandola come un regno utopico in cui tutti si è liberi, felici e uguali. In pratica, Warm si prefigura come una sorta di socialista rivoluzionario ante litteram.

A rivelare la complicità tra Warm e Morris ai Sisters è la sosta dei due fratelli a Mayfield, cittadina che deve il suo nome alla nerboruta proprietaria di un saloon. Dopo l’ennesima strage, i Sisters giungono anche loro a San Francisco, moderna Babilonia e punto più lontano in cui si sono spinti in vita loro. In città, Charlie manifesta la voglia di smetterla con le uccisioni. La decisione, pur non ben vista dal fratello, diviene quasi realtà quando i due vengono a contatto con Warm e Morris. L’incontro, lontano dall’essere uno spargimento di sangue, si trasforma in un nuovo accordo che viene suggellato dalla potenza della parola e della fiducia. Il precipitare degli eventi, la cupidigia e la voglia di troppa libertà finiscono per cambiare il corso delle loro strade.

Rimasti ancora una volta soli, i Sisters vedono il loro rapporto ribaltarsi. Scegliendo la nuova vita prospettata in primis da Eli, il maggiore si riappropria del suo ruolo e diviene colui che porta sulle spalle il fardello della decisione e della protezione. Superata l’insicurezza di qualche anno prima, Eli diviene capofamiglia e uomo, assumendosi il compito di guidare il più piccolo verso un futuro migliore, semplice e, perché no, romantico.

Guardando più ai western di Penn e, inevitabilmente, a quel capolavoro che è L’uomo che uccise Liberty Valance, Audiard riesce laddove a Venezia hanno fallito i fratelli Coen. Nel suo The Sisters Brothers si respira la polvere degli ultimi giorni della frontiera, si percepisce il profumo della polvere da sparo, si condividono i timori delle prostitute dei saloon e ci si lega ai propri cavalli, annullando nello spettatore ogni distacco sia razionale sia semantico. Catapultato nei grandi spazi aperti che diventano simbolicamente claustrofobici, si vivono gli ultimi effetti della caccia all’oro mentre si affrontano i primi discorsi sulla democrazia, si affacciano i primi cenni al potere della parola (in cauda venenum) e si mette in discussione il valore della violenza fine a se stessa. I valori tradizionali del vecchio western e le abitudini delle passate generazioni vengono rimesse in discussione e rifiutate dai figli, che nei loro padri non trovano un modello da seguire ma esempi da rigettare. Pur sempre ossessionato dai corpi e dalle loro funzioni, Audiard si affida a un cast di protagonisti di prim’ordine, su cui spicca John C. Reilly, lontano da certi ruoli piacioni a cui la sua stazza negli ultimi anni lo ha costretto. Joaquin Phoenix, sempre a suo agio nel ruolo del borderline, trova ottimi compagni anche in Riz Ahmed e Jake Gyllenhaal (ancora una volta cowboy). Occhio poi ai camei di Rutger Hauer e Carol Kane, nei panni del Commodoro e della mamma dei Sisters.

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