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Dal tramonto all'alba

Regia di Robert Rodriguez vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Dal tramonto all'alba

di DeathCross
9 stelle

Film d’Intrattenimento dalla costruzione geniale, e non solo per l’arcinoto e drastico mutamento di Genere (da Pulp a Horror di serie B) a metà pellicola, che ribalta ogni aspettativa lanciata al pubblico nella prima parte: i ridotti mezzi a disposizione vengono sfruttati al massimo da Rodriguez, sopperendo ad eventuali mancanze grazie ad una messa in scena fantasiosa e d’impatto e allo studio attento e personale delle inquadrature (come noto, il regista messicano cura in prima persona vari aspetti della lavorazione, comprese le riprese) grazie alla quale, adottando prospettive falsate, riesce a far sembrare determinati ambienti (l’emporio a inizio film e il tunnel del Titty Twister) molto più ampi dei set reali. I magnifici effetti speciali di Nicotero e Kurtzman, la cui esperienza nella crew degli effetti di “Evil Dead 2” riecheggia più volte nel design dei mostri (e nel colore filo-censorio verde del sangue di questi), e la base di omaggio ai B-Movies horror, così come la musicale (in lingua originale) sceneggiatura di Tarantino e l’intrigante trama ideata da lui al liceo e poi rielaborata insieme a Kurtzman, sono al servizio del film e dell’impatto audio-visivo che esso cerca di (e riesce a) suscitare nel pubblico. Le sequenze Cult sono numerose e restano impresse nel cervello di ogni spettarore/trice, anche nel malaugurato caso in cui non si dovesse amare l’opera, vuoi per un fastidio verso il Cinema ipercitazionista e ad alta dose di fuck di Tarantino, vuoi per un’innata repulsione verso l’Horror: poiché tutto ciò che si può odiare di QT o del Genere infatti è qui presente in dosi esagerate e per questo il ricordo del film torturerà a vita la psiche del pubblico più anti-tarantiniano/horror. Tornando alle scene antologiche di questo Cult, sicuramente non si può non citare la sensuale coreografia sulle note di “After Dark” della Hayek/Pandemonium (che stuzzica coi piedi Tarantino, e questo certamente non per caso); il campo-controcampo, nel camper, tra il volto (ravvicinato man mano con lo zoom passando così da un primo piano ad un particolare sugli occhi)  di Quentin/Richie e la sua soggettiva ascendente sui dettagli del corpo della Lewis/Kate; la scena in cui Clooney/Seth osserva sconvolto lo scempio compiuto dal fratello, con la mdp puntata sul volto del personaggio intervallata, nel montaggio, da fotogrammi subliminali che mostrano parti del macello; le ‘battaglie’ ricolme di effetti Splatter e trovate assurdamente macabre; infine la lunghissima sequenza iniziale, giocata su zoom e movimenti di macchina fluidi: d’impatto il movimento con cui la mdp accompagna Parks/Earl al cesso per poi spostarsi verso destra rivelando Seth con la pistola puntata alla tempia della ragazza in ostaggio, movimento che poi si ripete, per moto contrario, quando Seth torna alla sua posizione iniziale e Earl torna dal bagno.

 

Molto buona anche la direzione e la scelta del cast: ogni attore e attrice è azzeccato/a per il proprio personaggio, al di là delle capacità espressive dell’interprete, dal carismatico Seth Gecko interpretato dal giovanissimo George Clooney passando per il reverendo in crisi di fede Jacob Fuller del sempre in forma Harvey Keitel, la figlia Kate interpretata da Juliette Lewis (reduce dal magnifico e controverso “Natural Born Killers” di Stone, tratto da una sceneggiatura, ironia della sorte, di Tarantino), fino ad arrivare al bistrattato ma comunque funzionale Ernest Liu (che interpreta Scott, il figlio adottivo di Jacob) e al controverso Richie Gecko di Tarantino, che se da un lato non spicca per grandiosità attoriale, dall’altro lato risulta perfetto nel delineare la mentalità malata e maniaca del personaggio, grazie agli sguardi fissi e vacui (forse perché, in fondo, il Geniale Cineasta è realmente uno squilibrato, ma in senso positivo, artisticamente parlando). Molto interessanti e divertenti anche il reparto di comprimari/e: la Santanico Pandemonium di Salma Hayek ispira sensualità e letalità con ogni movimento; lo sceriffo Earl interpretato da Michael Parks (ricorrente nel cinema rodriguez-tarantiniano) è iconico e riesce a catturare l’attenzione dello spettatore (o della spettatrice) come se fosse il protagonista del film (mentre invece morirà improvvisamente dopo soli 5 minuti di film); la breve interpretazione, tra l’altro ‘filtrata’ dallo schermo televisivo, di John Saxon come agente dell’F.B.I. (e anche qui, come con Parks, l’aspettativa di resa dei conti con i fratelli Gecko viene puntualmente disattesa dalla svolta  Horror); il barista erculeo di Danny Trejo (che tornerà spesso a lavorare con Rodriguez raggiungendo il ‘mito’ con il personaggio Rivoluzionario di Machete). Abbiamo inoltre Fred Williamson, che costruisce un personaggio di reduce del Vietnam tanto stereotipato quanto indimenticabile, il cui discorso viene interrotto, con uno spassoso movimento di dita in stile aracnide, dal vampirizzato Sex Machine di Tom Savini, Mito degli Effetti Speciali nonché volto noto agli amanti del Cinema Romeriano, che anche qui regala ai fan un personaggio impossibile da dimenticare: l’entrata in scena in cui ruba con la frusta la birra a Nicotero e, alla minaccia di questi, ‘estrae’ (non si vede come, ma si può facilmente intuire) la pistola inguinale è una delle sequenze più divertenti della Storia del Cinema Horror dell’ultimo ventennio. Ultimo, ma non meno importante, c’è Cheech Marin, che qui interpreta, con tre capigliature e ‘barbature’ diverse, tre differenti personaggi: lo vediamo prima come guardia di frontiera, dove apre il bagno del camper con Juliette Lewis seduta sul cesso (e si prende il suo tempo prima di chiudere la porta, il marpione); poi lo troviamo all’ingresso del Titty Twister mentre ‘decanta’ le varie tipologie di pussies (la chicken pussy, stando alle dichiarazioni di Rodriguez, è improvvisata) del locale prima di essere atterrato a pugni da Clooney (e poi, a terra, più volte calciato, anche realmente, da Tarantino nello stomaco); infine è Carlos, il gangster messicano con cui i Gecko erano in contatto già prima della vicenda per poter fuggire in Mexico, e arriva a fine film svolgendo la funzione squisitamente classica del deus ex machina.

 

Come detto all’inizio della recensione (e ripetuto più volte, forse troppe, nel proseguimento di essa), il film vuole essere soprattutto un film d’Intrattenimento che delizi il/la cinefilo/a con scene affascinanti sul piano visivo e sull’accostamento musicale (la colonna sonora, dominata da Tito&Tarantula - la band vampiresca nel film - e ZZTop, spazia dal rock’n roll al country). Nonostante l’apparente disimpegno dell’operazione, possiamo trovare qualche frecciatina satirica verso la mentalità reazionaria del Texas e il machismo sessista di camionisti e motociclisti che visitano il Mexico (e che vengono sbranati dalle sensuali strippers vampire del Twister), oltre che spunti di riflessione (ovviamente non troppo analitica). Interessante  l’attenzione rivolta al tema della Famiglia: la vicenda difatti, specialmente nella prima parte, è incentrata sull’incontro-scontro tra due concezioni diverse di famiglia (due fratelli criminali da un lato, un padre ex-reverendo vedovo con figlia e figlio dall’altro), che condividono però un’incompletezza nei membri (i genitori per i Gecko, la moglie/madre per i Fuller) e una crisi profonda nell’identità di uno dei membri (Seth non riconosce la devianza mentale di Richie; Jacob non riesce più a riconoscersi nel reverendo convinto che era), ma entrambi i nuclei familiari sono caratterizzati da un legame indissolubile che prima li porterà a rapportarsi con tensione e diffidenza tra di loro (e sicuramente il sequestro nel camper contribuisce a rendere più teso questo rapporto), ma poi, varcata la frontiera, riusciranno a distendersi e ad avvicinarsi, fino ad unirsi per fronteggiare il pericolo comune. Quando, alla fine, di ogni famiglia resterà un solo membro (Seth/Clooney e Kate/Lewis), Seth reciderà finalmente il legame costruito tra i due nuclei rifiutando la proposta della ragazza (“I may be a bastard, but I'm not a fucking bastard.” è la risposta del personaggio di Clooney).

 

Concludendo, “From Dusk Till Dawn”  è un Cult d’intrattenimento degno di tale definizione, da vedere e rivedere senza annoiarsi mai e che ad ogni visione riesce a divertire qualsiasi appassionato del Cinema Splatter (che non disdegni, però, le sfumature comiche alla Sam Raimi o alla Peter Jackson). Interessante anche la serie tv, curata (e in alcuni episodi anche diretta) dallo stesso Rodriguez, ancora inedita in Italia.

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