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Millennium - Quello che non uccide

Regia di Fede Alvarez vedi scheda film

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La recensione su Millennium - Quello che non uccide

di supadany
4 stelle

Festa del cinema di Roma – Selezione ufficiale.

In tempi frenetici come quelli che stiamo vivendo, non fai in tempo a digerire un qualsiasi prodotto che già ne arriva una versione rivista, ottenuta conservando intatti alcuni fattori travolgendone radicalmente altri, anche in considerazione delle opportunità disponibili e del rapporto rischi/benefici.

Così, ecco che sette anni dopo l’ultima avventura cinematografica, ritorna sulla scena Lisbeth Salander, nella versione più debole tra quelle finora proposte, nonostante individui alcune specificità.

Dopo aver recuperato dei preziosi dati per conto di Frans Balder (Stephen Merchant), Lisbeth Salander (Claire Foy) viene attaccata da un’organizzazione che se ne vuole impadronire, un gruppo criminale guidato da sua sorella Camilla (Sylvia Hoeks).

Con l’aiuto di Mikael Blomkvist (Sverrir Gudnason), Lisbeth cercherà in tutti in modi di rientrarne in possesso e di salvare il figlio di Frans che, nel frattempo, è stato rapito.

Per riuscirci, dovrà affrontare il frutto dei traumi collegati al suo passato, risolvendo quanto rimasto in sospeso.

 

Claire Foy

Millennium - Quello che non uccide (2018): Claire Foy

 

Adattato, tra gli altri, da Steven Knight (Locke, Peaky blinders) lavorando sull’omonimo romanzo - ideale proseguimento della trilogia Millennium di Stieg Larsson - scritto dal giornalista David Lagercrantz, Millennium – Quello che non uccide deve forzatamente rapportarsi con i suoi illustri predecessori. In dettaglio, l’originale trilogia svedese (Uomini che odiano le donne, La ragazza che giocava con il fuoco e La regina dei castelli di carta) non può reggere il confronto produttivo, ma aveva la protagonista perfetta e quindi inimitabile (Noomi Rapace). Al contrario, Millennium – Uomini che odiano le donne ha un esecutore magistrale e puntiglioso come David Fincher e un materiale a disposizione - tanto tecnico, quanto umano - di levatura superiore, per questo molto difficile da pareggiare.

Impossibilitato alla replica di queste caratteristiche, l’uruguagio Fede Alvarez, pupillo di Sam Raimi che gli ha prodotto La casa e Man in the dark, si difende andando all’attacco, mettendo i puntini sulle i fin dall’ouverture. Qui, posiziona una scarica di adrenalina e titoli di testa iper elaborati, una combinazione che pare risucchiata da un film di James Bond.

Anche il resto della pellicola ragiona in modo analogo, con una protagonista che non rispetta alcuna regola operativa, un’organizzazione nemica con braccio e mente in piena fascia overacting, donne posizionate in tutti i settori, un aiutante da remoto e attorno a loro un’inarrestabile afflusso d’azione.

Dunque, cinque minuti di fuochi d’artificio sono una figata pazzesca, ma se durassero due ore finirebbero per stancare anche il loro più grande sostenitore. Fuor di metafora, lo stesso discorso vale drammaticamente anche per Millennium – Quello che non uccide, che utilizza la trama come pretesto per imporre un’andatura quanto mai serrata, con l’effetto di risultare assolutamente anestetizzante.

Indubbiamente, Fede Alvarez ha polso e scarsa creatività, sa come liberare energia cinetica, ma non come prendere un respiro profondo prima di ripartire, così che, tra esplosioni e sparatorie, raggiri e ricongiungimenti, su un telaio tecnologico/nucleare (tutti aspetti esangui) va cocciutamente dritto per la sua strada.

In più, per quanto ostinata e risoluta, Claire Foy (The crown, First man) perde nettamente il confronto con chi l’ha preceduta nell’iconico ruolo, per quanto la colpa sia prima di ogni altra cosa ascrivibile a un formato troppo pulito. Un’altra pecca è riscontrabile nella presenza pressoché inutile di Mikael Blomkvist, ma non è detto sia un male assoluto, visto che Sverrir Gudnason sembra rimasto con la testa sui campi da tennis di Borg McEnroe.

 

Claire Foy

Millennium - Quello che non uccide (2018): Claire Foy

 

Sostanzialmente, il film di Fede Alvarez scorre anche bene, nel senso che procede spedito, ma finisce con il somigliare a un ibrido qualunque tra action movie e spionaggio, con una confezione con il petto in fuori, idee standardizzate, cliché disseminati e dei protagonisti tutt’altro che indimenticabili.

Sovraccaricato di energia cinetica, a discapito di quant’altro concorra alla formulazione di un distillato ricercato.

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