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Il vegetariano

Regia di Roberto San Pietro vedi scheda film

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La recensione su Il vegetariano

di Kurtisonic
6 stelle

Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori. (F.De Andrè)

scena

Il vegetariano (2019): scena

Non può che far piacere che il cinema nostrano ogni tanto mostri un sussulto vitale, e proponga le immagini di situazioni che ristagnano nell’immobilismo della coscienza. Di chi non vuole vedere, non vuole ascoltare, di chi si ostina ad ignorare. Il Vegetariano, di Roberto San Pietro invece è una dichiarazione di volontà, di pulizia morale che si scontrerà con le conseguenze di scelte radicali e coerenti. Facile e riduttivo sarebbe pensare che oggigiorno il tritacarne del tempo in cui viviamo non ha tempo né voglia di soffermarsi su aspetti non omologabili ed inseriti nel sistema spettacolare e stupefacente di una modernità deteriorata. Allora è doveroso che sia l’arte, in questo caso il cinema ad alzare lo sguardo e puntare il dito sugli effetti del mondo che si trasforma. Il Vegetariano è un piccolissimo film, in cui i contenuti superano il film stesso che possiamo relegare in quel circuito indipendente sprovvisto di solidi mezzi e grandi risorse ma attrezzato con le buone idee, che non si guarda l’ombelico e che negli anni ha cominciato a caratterizzare la crescita di alcune interessanti realtà cinematografiche locali e regionali,  distanziandosi anni luce dal carrozzone centralizzato del cinema nazionale, quello capace  di partorire a raffica commedie ri-tardo generazionali dall’identico sapore e spessore. Immerso in una finzione molto documentata su ambiente e luoghi del lavoro, Il Vegetariano parla delle comunità indiane e Sikh che dagli anni 90 hanno cominciato ad inserirsi nella nostra società specie nelle zone padane tra Emilia e bassa Lombardia dove lavorano presso le aziende di allevamento bovino come mungitori. La storia semplice del giovane Khrisna farà i conti con le sue convinzioni e con i suoi principi religiosi quando una mucca dell’allevamento in cui lavora diventerà improduttiva.  Nonostante il regista San Pietro non rinunci all’utilizzo di diverse figure dicotomiche alquanto scontate (in particolare la parte sentimentale tra Khrisna e la ragazza  di cui si innamora è al limite dell’inverosimile e alquanto debole) la vicenda ha una sua forza dirompente animata da una purezza e una semplicità spirituale capace più di fare riflettere che di sorprendere. Lontano dagli effetti speciali che in questo caso sarebbero pari a sentimenti lancinanti e urlati con vigore, Il Vegetariano compie il suo percorso di formazione e di verifica interiore, rispettando le attitudini e le qualità caratteriali di queste etnie tanto diffuse nel nostro territorio quanto invisibili, mettendo all’angolo le certezze con le quali lo spettatore disputa la sua quotidianità. L’uomo moderno e tecnologico, attrezzato a interpretare il proprio tempo come reagirebbe davanti ad uno specchio in cui appare spogliato del suo corredo mediato dai simboli che ne connotano la posizione nella scala sociale? Al posto del denaro c’è la spiritualità, al posto della materialità degli oggetti di lusso c’è del letame, il latte che si esaurisce è quel senso dell’umano sentire che si disperde nella noia e nella social stupidità. Ci si creda o meno, per Khrisna e altri come lui la scala dei valori è un’altra. Una piccola lezione etica e morale che sa di sincerità e di aria pulita.

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