Regia di Bart Layton vedi scheda film
13° FESTA DEL CINEMA DI ROMA- SELEZIONE UFFICIALE
Il cinema ha il pregio di raccontare, da sempre, vizi e virtù, miseria e nobiltà della variegata componente umana a cui il paziente pianeta che ci ospita ha dato i natali.
Questo tuttavia non autorizza automaticamente a rivolgerci a questa arte visiva per celebrare anche le gesta più sconsiderate, incomprensibili e maldestre che un gruppo di malcapitati sciocchi studenti decidono di organizzare per evitare con brillantezza gli ostacoli che li separano dallarealizzazione dell'American dream.
Pertanto la vicenda del furto dei libri preziosi pressoché incustoditi presso una università di provincia nel Kentucky, oltre a rivelarsi sciocca e banale, aggravata da risibili riferimenti cinefili a modelli di perfezione a cui accostarsi risulta oltremodo autolesionista, risulta altresì ancor più irritante per il modo fazioso in cui il documentarista Bart Layton decide di ingannarci con proclami del tipo: "questa storia non è tratta da fatti veri, ma è un fatto vero".
Ci irrita non perché non lo sia un fatto vero, ma per il fatto che il regista si faccia bello nel voler inserire falsi documentari in cui i veri "geniali" volponi commentano pentiti e pure in lacrime le loro disastrose imprese: lacrime da coccodrillo che non possiamo credere non siano costruite su un canovaccio spudorato di sceneghiatura fazioso e fuorviante.
Detto questo il film ripercorre stancamente i tratti del disastroso misfatto, mettendo in luce più che altro imbecillità dei propri incoscienti maldestri autori.
Certo nessuno nasce "imparato", ma diamine!!! Rinunciare ad un travestimento e pensare di farla franca, mi sembra davvero una soluzione da mentecatti decerebrati.
Tra gli attori coinvolti in questo macchinoso complotto, riconosciamo, ahimè, il pur bravo giovane Barry Keoghan dal volto segnato e reso più interessante dal catrame dell'asfalto (probabilmente frutto di qualche incontro ravvicinato col suolo bituminoso), mentre il prezzemolino prezioso e carismatico Udo Kier si adopera a raggiungere, con questa ennesima fulminea apparizione, quella considerevole decina di apparizioni costanti che da tempo caratterizzano i suoi bizzarri improvvisi subentri di scena cinematografici: non camei, ma non molto di più.
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