Regia di Matteo Garrone vedi scheda film
Il cinema neorealista italiano, da qualche decennio a questa parte, ha avuto una strana rinascita: contrapposto alle semplici commedie e ai "facili" drammi all'italiana, esso è riuscito a differenziarsi da questo filone, mettendo in chiaro il fatto che fa di tutto pur di rappresentare la realtà circostante, focalizzandosi o ispirandosi su un fatto realmente esistito. Tutto quello che "Dogman" riesce a trasmettere è qualcosa che va oltre il semplice "rappresentare la realtà": "Dogman" è lo specchio di una società violenta, ma anche fragile nel suo piccolo. Ne avremo già visti film come "Dogman", con una trama che sembra non esserci ma che, soltanto se riusciamo a seguirlo fino in fondo, è possibile da trovare soltanto se chiudiamo l'occhio giudice per un attimo. Esponenziale il ruolo di Marcello Fonte, quale interpreta Marcello, un uomo ingenuo sulla quarantina che, però ha qualcuno che lo disturba. Per arrotondare il suo stile di vita e anche il suo lavoro, egli necessita di spacciare cocaina a Simone (Edoardo Pesce), un deliquente molto violento col quale si riappacifica, appunto, soltanto vendendogli droga. Quello che osserviamo, grazie al realistico film di Matteo Garrone, è l'ascesa di un uomo debole e la nascita di un duro, uno che non si fa più mettere i piedi in testa: la vendetta è, quindi lo scopo fondamentale per il quale Marcello deve essere rispettato da Simone, che si rende conto fin da subito del cambio caratteriale di Marcello. Il film ha una regia stratosferica, inquadrature potenti, una fotografia da brividi, ma soprattutto un'atmosfera buia e piena di terrore. Sinceramente, mi aspettavo un finale abbastanza diverso da quello che in realtà è, ma mi è piaciuta la conclusione di quest'ospera mastodontica e che, grazie al cielo, è stata sin da subito sotto l'occhio degli Oscar (spero possa entrare in classifica).
Complimenti, davvero.
8½.
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