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Dogman

Regia di Matteo Garrone vedi scheda film

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La recensione su Dogman

di amandagriss
2 stelle

 

 

Caro Matteo Garrone, mi spiace dirti che il tuo film neo-neorealista non mi è piaciuto per niente.

Illustri bene il degrado ambientale e la mentalità marcia (quest'ultima concausa e insieme conseguenza dello squallore umano mostratoci senza filtri edulcorati, in nome di quella verità che insegui e persegui) che ancora tanto attanagliano la nostra Italia e in particolare certe zone di estrema periferia abbandonate a se stesse.

Tutto molto bello sotto il profilo estetico-formale, tutto molto brutto sotto quello della sostanza. E della logica, in un contesto, ricordiamo, che si vorrebbe fortemente realistico.

Che tu voglia lavorare per sottrazione, mantenerti sul non detto, filmando la realtà ma sempre attraverso il filtro della tua essenziale laconica poetica umanistica (che un pò mi perplime) lasciando alle immagini "forti e sconvolgenti" l'arduo compito di parlare da sole credo, in questo caso, non siano motivazioni sufficienti a giustificare un film vacuo e fragilissimo che vuole essere una parabola universale, senza tempo e senza luogo, sulla reiterata violenza fisica e psicologica e le reazioni terribili che scatenano in chi è costretto a subirle, ma che lascia in verità a mezz'aria, se non increduli e assai scettici sulle dinamiche che lo (s)muovono fino a quel prevedibile finale aperto che vorrebbe condurci allo sgomento, lasciarci l'amaro in bocca, rimanerci senza parole.

Troppe e risibili le incongruenze che abbondano in questa storia schizofrenica che proprio non sta in piedi, che se da un lato racconta la pesante deriva morale di certa umanità, dall'altro, in quello stesso degrado stagnante e soffocante, in quella forma mentis gretta e arretrata, introduce la nuova figura professionale (seppur non riconosciuta) del dog sitter con tanto di negozio-pensione per toelettature di tutto punto, riservando alle creature canine un'attenzione che in quel particolare contesto non viene dato nemmeno alle persone, tranne qualche brutale eccezione da mettere comunque in conto, frutto del degrado, della rozzezza umana di cui sopra, e che alla fine pure poco convince.

Senza parlare dell'inesistente lavoro sulle psicologie dei personaggi e in particolare su quella del mite protagonista che finisce per riscattarsi ferocemente; uomo buono, forse uno scemo, forse un vero amico o forse soltanto un debole e pavido, vittima certamente dell'ambiente in cui si muove e nel quale si adatta come può, dove però è riuscito a costruirsi una sua singolare, assai fiorente e assai civile attività, quando lì di civiltà se ne respira ben poca. E che manda a puttane i sacrifici di una vita per non fare l'infame.

Cosa non impossibile, per carità, ma davvero poco probabile.

Soprattutto se il suo disagio è condiviso dagli altri esercenti della zona-ghetto e ben noto alle forze dell'ordine.

Caro Matteo Garrone, con rispetto parlando, sintetizzando al massimo, il tuo film mi sembra una grande ben confezionata paraculata che individua nella violenza di immagini shock (che vorrebbero essere shock, a conferma della forte impronta realistica adottata), un filo insistite (gratuitamente insistite) il suo punto di forza, insieme alla caratteristica faccia del protagonista. Ho la netta impressione che, nel profondo, tu non sappia di cosa stia parlando.

E in Italia non è un caso isolato.

Opera di una superficialità agghiacciante.

Orrida, inutile.

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