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Dogman

Regia di Matteo Garrone vedi scheda film

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La recensione su Dogman

di alan smithee
8 stelle

locandina

Dogman (2018): locandina

71 CANNES FESTIVAL 2018 - CONCORSO Uomini e cani, che spesso, se non sempre nell'ultima fatica cinematografica di Matteo Garrone, si scambiano i ruoli, divenendo i primi belve senza raziocinio né remore, e i secondi esseri umili dallo sguardo indifeso e smarrito, che ostentano riconoscenza in cambio anche solo di un minimo di sussistenza.

Da un fatto di cronaca di trent'anni orsono (l'omicidio con tortura da parte del canaro della Magliana ai danni di un folle, incontenibile, corpulento ex pugile cocainomane) Garrone torna alle sue atmosfere migliori ed ideali (siamo dalle parti eccelse, stilisticamente e narrativamente, de L'imbalsamatore) e gira un western crepuscolare diretto con stile impeccabile, e forte di una sceneggiatura scritta a sei mani con nomi di autori affidabili come Gaudioso e Chiti. Uno scropt che, senza voler aderire completamente ai fatti di cronaca nera, ci si ispira ed accosta per dar vita ad un noir di grande effetto, ove appunto la brutalità senza soluzione di esseri umani alla deriva, si scontra con l'umanità di bestie che, presto o tardi, finiscono per dimostrarsi gli unici esseri viventi in grado di provare sentimento, gratitudine, affetto senza necessità di contropartita.

Marcello Fonte, Edoardo Pesce

Dogman (2018): Marcello Fonte, Edoardo Pesce

Marcello Fonte

Dogman (2018): Marcello Fonte

Garrone ancora una volta azzecca appieno i volti distorti e involgariti dal contesto violento e virale, i corpi, gli attori, spesso presi in loco e/o in contesti coerenti con l'ambiente e la vicenda (anche se qui nel particolare si tratta di due attori professionisti ottimo, Marcello Fonte e Edoardo Pesce, vittime e carnefici che si scambiano il ruolo sfidandosi quasi come in un duello da manuale, ben premeditato in entrambe le circostanze).

Marcello Fonte

Dogman (2018): Marcello Fonte

Marcello Fonte

Dogman (2018): Marcello Fonte

E il suo Dogman brilla per la capacità di restare nel territorio classico del revenge-movie, senza rinnegare, anzi personalizzando quelle atmosfere crepuscolari e pulp, da vero western attualizzato e aggiornato alla non meno imbarbarita periferia più degradata.

Un contesto drammatico ma altamente suggestivo, che la desolazione pittoresca e affascinante del cemento armato che si sgretola lentamente a confronto con l'azione lenta, ma inesorabile, di corrosione costante di un mare dotato di innato raziocinio, costruisce e disegna, creando una desolazione da manuale, in cui vivere diventa per i locali una condanna senza uscita che obbliga chiunque a schierarsi con un partito, trovando nemici nella fazione opposta; ma pure un sottofondo che, a vederlo da distante, privilegiati spettatori protetti dallo schermo, risulta quasi suggestivo, se non poetico. Unico.

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