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Chi ha paura di Virginia Woolf?

Regia di Mike Nichols vedi scheda film

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La recensione su Chi ha paura di Virginia Woolf?

di Dalton
8 stelle

Solo 3 opinioni per questo cult? Sacrilegio! FilmTv gli assegna il massimo dei voti: per l'epoca in cui è uscito nelle sale, tale punteggio è meritato. Un copione che oggi sembra obsoleto, verboso e quindi tirato per le lunghe; all'epoca era programmaticamente oltraggioso, assolutorio e quindi innovativo. E' parere comune credere che sia stato questo film, forse assieme a GANGSTER STORY di Penn, a conclamare la caduta del famigerato codice Hays.
Attacco all'istituzione matrimoniale, privo di scappatoie:
A) surreali alla Bunuel o alla Hawks;
B) gialle alla Hitchcock o alla Clouzot;
C) brillanti alla Wilder o alla Lubitsch;
D) melò alla Sirk o alla Wyler.
L'esordiente Nichols, già apprezzato autore "from Broadway", porta sullo schermo una misogena piece teatrale di Edward Albee, semmai unicamente con un occhiatina rivolta verso lo stile del Kazan di UN TRAM CHE SI CHIAMA DESIDERIO. Stringendo al massimo le pastoie delle unità aristoteliche, offre alla coppia Burton & Taylor - tale anche nella vita privata - la possibilità di dar vita ad un duetto ossessivo che non si dimentica facilmente. I due non hanno niente da invidiare ai loro predecessori Tracy & Hepburn (LA COSTOLA DI ADAMO) o Bogart & Bacall (IL GRANDE SONNO) e fungono da apripista per innumerevoli discepoli: la coppia Cruise & Kidman di EYES WIDE SHUT, per non parlare del duo Woody & Mia (o Diane).
L'amarezza e la crudeltà psicologica vien spiattellata fino agli estremi sin dall'inizio: a mio avviso, questo è stato un errore, nella misura in cui un crescente sbigottirsi della giovane coppia, ospite/testimone della follia dei due coniugi, avrebbe incrementato il crescendo rossiniano (tutto sommato non latitante) di tensione narrativa. Comunque l'insinuanza di Burton e la cattiveria della Taylor, giustamente premiata con l'Oscar, offrono al regista straordinari momenti di indefinibile suspence. Anche l'accoppiata formata dall'eterna promessa George Segal e dalla smorfiosa Sandy Norton (anche quest'ultima premiata con l'Oscar) si fa valere, come relativo e parimenti speculare contrappasso d'un iniziatico tragitto illustrativo. La visione così acida ed inedita della vita coniugale rese necessaria la presenza di una sequenza finale apparentemente aperta alla speranza - o suggeritrice d'una via di fuga? - da parte della Warner Production, già sbeffeggiata durante un dialogo ad inizio pellicola. Dopotutto tale pretesa della major era giustificata: per via dei cachet (sia economici che emicranici) il costo della pellicola, contro ogni aspettativa, era lievitato a 7,5 milioni di dollari. Ma il film riscosse un ottimo successo, altrettanto inaspettatamente, facendo così risalire le quotazioni di Richie e Liz, freschi reduci dall'altisonante flop di CLEOPATRA.
Siamo però ancora lontani dai divertenti ma inverosimili eccessi grotteschi de LA GUERRA DEI ROSES e LUNA DI FIELE.

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