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A Quiet Place - Un posto tranquillo

Regia di John Krasinski vedi scheda film

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La recensione su A Quiet Place - Un posto tranquillo

di Zagarosh
7 stelle

Come in Loveless di Zvjagincev commuovevano le lacrime sorde di un bambino che non voleva farsi udire da sua madre e suo padre, così il film di Krasinksi indugia su urla che si soffocano in gola e su disperazioni silenziose. Il suono, nella sua negazione e nella sua amplificazione, sembra essere la nuova ossessione del cinema horror moderno: se la donna sorda in Hush di Flanagan non era capace di percepire i rumori del suo aggressore, i ragazzi di Man in the Dark di Álvarez non dovevano provocare il minimo sibilo per non allarmare il vecchio (cieco, in quel caso) che volevano derubare. La soluzione di ridurre al minimo i dialoghi fra personaggi, narrando la propria vicenda usando solo il rumore dei passi ed i fragori improvvisi, è una idea di regia coraggiosa in un lavoro commerciale, quindi da indirizzare ad un pubblico digiuno di un cinema più di “avanguardia”. Eppure sarebbe un errore giudicare il film di Krasinski come qualcosa di più di un (bel) b-movie, modello di cui segue le regole ed i codici, sacrificando nel nome del suo “gimmick” le ambizioni di creare qualcosa che vada al di là della semplice esperienza fugace.

 

Krasinski riesce a creare un clima di ansia ed apprensione non solo con il sound design (che per ovvie ragioni occupa un ruolo primario) ma anche grazie alle immagini e all’uso da manuale dei cliché del genere, quelli che spesso si decide di ignorare perché “banali” e che invece sono ancora indispensabili se ne si comprende l’efficacia. Non saranno quindi (solo) i rumori ad accrescere la preoccupazione di chi guarda, ma ad esempio l’immagine di un chiodo che fuoriesce da un gradino e che espone i personaggi ad un grosso rischio (la vecchia regola per cui si crea la suspense svelando al pubblico qualcosa che i personaggi ancora non vedono). Come in un classico b-movie, ogni cosa che accade non è funzionale ad una idea di verosimiglianza o congruenza ma serve a muovere il meccanismo alla base della narrazione.

 

Così il film si inserisce in quel filone di pellicole nelle quali il dinamismo delle scene prevale sullo sviluppo dei personaggi e persino sulla coerenza della vicenda. Quelle che anni fa uscivano al cinema, quando non in home-video, con il bollino quasi disdegnoso di “b-movies” e che oggi vorrebbero essere il vero anello di congiunzione fra cinema art-house e grande pubblico. 

 

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