Regia di Peter Greenaway vedi scheda film
Greenaway aveva abituato lo spettatore (e mi aveva abituato) a opere eccellenti o rasenti l'eccellenza; per cui riponevo grandi attese (forse troppe?) ne "I racconti del cuscino. Alla fine però sono rimasto un pò con l'amaro in bocca, nel senso che mi pare di ravvisare un eccessivo distacco tra la sontuosa forma (in particolar modo l'eccellente fotografia multiforme e policromatica dell'immortale Sacha Vierny) e il contenuto. Greenaway procede per la sua strada nella ricerca di un Cinema-Arte a 360°. Aspira più che mai a sfondare lo schermo, oltrepassarlo, frantumarlo e lo fa (forse stavolta esagerando un pò rispetto ad esempio a"l'ultima tempesta") utilizzando sovraimpressioni video e lasciando poco spazio alle sue tipiche cullanti carrellate o alle inquadrature ferme in oggettiva. Il corpo si fa tela pittorica, la scrittura si fa pittura. La morte va a braccetto con l'amore; la cinica sessualità lascia il posto a lampi di passione.Il tutto però sembra un pò troppo calcolato, preparato a tavolino e senza quell'estasi surreal-grottesca carica di sarcasmo di alcune sue opere migliori. Anche la narrazione rimane pressoché lineare e in certi momenti scontata. Come per fare un buon libro, non basta una copertina curata nei minimi dettagli; così per fare un buon film non bastano dei meri stratagemmi figurativi (anche se, come nel caso della fotografia, di livello eccellso).
Stavolta, caro Greenaway, la sufficienza è già tanto!
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