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The Fan. Il mito

Regia di Tony Scott vedi scheda film

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La recensione su The Fan. Il mito

di trebby
10 stelle

Nel parlare di questa eccellente pellicola degli anni 90 potrei esordire dicendo che talvolta lo sport per il ''popolino'' ha l'effetto del così detto oppio dei popoli di marxista memoria, ovvero un divertimento effimero che si trasforma in una sorta di religione laica in grado di scatenare un fanatismo violento simile a quello delle ideologie nazionaliste, politiche e religiose. Un fanatismo che troppo spesso sfocia in tragedia vedi la strage dello stadio Heysell a Bruxelles dove il 29 maggio 1985 gli hooligans del Liverpool massacrarono 39 tifosi juventini. Il tifo sportivo che al pari delle ideologie politiche e religiose risolve sia pure in maniera illusoria la crisi d'identità, allo stadio di fronte alla nostra squadra del cuore oppure alla nostra pop star del cuore ci sentiamo finalmente qualcuno che appartiene a qualcosa, lo stesso dicasi per le adunate per Giovanni Paolo II o papa Francesco; due pontefici così diversi nel contenuto ma così simili alla forma. I sociologi hanno versato fiumi d'inchiostro, i cantanti legati al cabaret hanno scritto divertenti pamphlet in musica (amico huligano di Elio e le storie tese), i comici di satira come Daniele Lutazzi hanno paragonato in maniera scherzosa papa Giovanni Paolo II ad una rock star, lo stesso popolo italiano così diviso nel suo campanilismo che sfiora il razzismo in occasione delle partite della nazionale di calcio torna ad essere unito come nelle radiose giornate risorgimentali, ed inizia a sventolare il tricolore cantando l'inno di mameli. Se mi fermassi a questa banale, trita e ritrita considerazione sociologica banalizzerei a sua volta il film che è molto di più di tutto ciò. Per capire il film bisogna analizzare l'interpretazione dei tre personaggi principali. Partiamo dall'ottima interpretazione del caro vecchio Robert De Niro, prima di analizzare la sua ottima interpretazione bisogna tuttavia mettere nero su bianco alcune considerazioni molto importanti. Per prima cosa i registi negli anni 90 hanno affidato all'attore italo americano delle parti un pò sopra le righe, alcuni anni fa ho parlato di Max Caddy personaggio protagonista di ''cape fear il promontorio della paura'' interpretato appunto da De Niro, il personaggio era un ex galeotto stupratore incallito che aveva alcuni tratti distintivi del carattere: arroganza, prepotenza, presunzione, tracotanza, prevaricazione patologica, disprezzo dei propri simili e complesso di superiorità smisurato. Nella pellicola di cui stiamo parlando Robert De Niro interpreta Gil Renard rappresentante di coltelli in procinto di essere licenziato dal datore di lavoro e lasciato dalla moglie. Gil Renard pur essendo un personaggio al di sopra delle righe come Max Caddy è un personaggio totalmente antitetico rispetto a Max Caddy. Gil Renard è il ''fantozzi'' di San Francisco, lo Zeno Cosini di California, è un uomo che subisce di continuo, un uomo che si lascia mettere continuamente ''i piedi in testa'' da cani e porci. Un uomo che non è mai in grado di far valere le proprie ragioni neppure quando gli altri sono dalla parte del torto marcio. Gil Renard è un padre tenero è affettuoso, ma la moglie dopo averlo piantato gli leva la custodia del figlio imponendogli pure un'ordinanza restrittiva immotivata ed assurda. Gil Renard anzichè trascinare la moglie in tribunale subisce supinamente. L'avvocato che gli porta la notifica per l'ordinanza restrittiva si comporta talmente da stronzo che meriterebbe di essere barbaramente massacrato da Max Caddy, tuttavia Gil Renard ''cala le braghe'' un'altra volta e non reagisce neppure verbalmente. Il datore di lavoro poi, pur sapendo che Renard è il figlio del fondatore dell'azienda lo tratta peggio dell'asciugamani del bidè, qui Gil Renard sembra reagire in realtà lo fa troppo tardi ed in maniera inutile. I clienti del povero Gil Renard si divertono quasi a prenderlo per il culo, ma lui poverino ancora non reagisce. Alla fine quando tenta di convincere il personaggio interpretato da Benicio del Toro a comportarsi in maniera più umile e generosa viene ancora una volta umiliato, qui finalmente Gil Renard che non ne può più di essere trattato come uno zerbino da tutti si trasforma da agnellino bastonato a lupo assetato di sangue. Morale della favola prima di trasformarti in lupo sanguinario e passare dalla parte del torto marcio, fai valere le tue buone ragioni ed i tuoi diritti esigendo rispetto ma comunque offrendo ai tuoi simili il dovuto rispetto. I buonisti garantisti potrebbero dire che Gil Renard aveva sbagliato e per tanto andava punito non umiliato. Passiamo al personaggio interpretato da quel guascone di Wesley Snipes: probabilmente il personaggio più positivo del racconto, un uomo umile, buono, ricco di principi e valori, un padre tenero ed affettuoso, un uomo che sa amare la vita ed il suo prossimo. Anche il personaggio interpretato da Snipes subisce l'arroganza dei prepotenti, talvolta sembra schiacciato, annicchilito, ma quando sembra soccombere in realtà sta chiamando a raccolta le forze per reagire. Un uomo che reagisce ai pugni della vita con altri pugni, come un pugile sul ring. Infine il personaggio interpretato da Benicio Del Toro, un uomo arrogante, prevaricatore, prepotente e spocchioso; non è assolutamente un Max Caddy in quanto sa farsi amare dagli altri, ma comunque un uomo che non vuole sentire ragioni in quanto sa di avere ragione. Alla fine ne esce un ottimo film.

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