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Just a Breath Away

Regia di Daniel Roby vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Just a Breath Away

di mck
6 stelle

Una gran calma di vento, a Parigi: né tramontana né scirocco, quando servono, mentre si spengono gli ultimi fuochi su Montmartre, assediata.

 

Bisogna innanzitutto ringraziare Daniel Roby che - con questa sua opera quarta dopo “la Peau Blanche”, “FunkyTown” e “Louis Cyr” e prima del prossimo “Gut Instinct” - ci ha risparmiati di zombie, invasioni aliene e attacchi terroristici, ché la sua bruma è più vicina al fracking invertente i poli di Jim Jarmusch ("the Dead Don't Die"), all'innalzamento del livello oceanico per l'apertura d'immense falde acquifere sottoceaniche di Stephen Baxter (“the Flood” e “the Ark”) e per i cambiamenti climatici estremi di Kim Stanley Robinson (“New York 2140”), Roland Emmerich (declinati in varie maniere: “das Arche Noah Prinzip”, “the Day After Tomorrow” e “2012”) e Kubrick-Aldiss-Spielberg-Watson-Maitland-Shaw (“A.I. - Artficial Intelligence”) e allo scioglimento del permafrost di Frank Schätzing (“der Schwarm”).

 


Detto ciò, "Dans la Brume", tratto da un soggetto di Guillaume Lemans e Dominique Rocher (già dietro, non a caso, all'adattamento di “la Nuit a Dévoré le Monde”, diretto poi dal secondo), col primo che sceneggia assieme a Jimmy Bemon e Mathieu Delozier, fotografato da Pierre-Yves Bastard, montato da Stan Collet e Yvann Thibaudeau, musicato da Michel Corriveau e prodotto da Canal+ & TF1, per ¾ avvince (senza convincere in pieno), per poi però non dico crollare, ma per lo meno sicuramente incepparsi nell'ultimo quarto, che altresì, di certo, non riesce a compromettere il buon lavoro svolto sino ad allora, ma insomma, ecco, quasi...
La bella prima parte (***¾-****), che costituisce, come detto, ben più di metà film, viene svilita da una serie di “soluzioni” e “rivelazioni” senza capo né coda (i cui prodromi erano già ben presenti in un accenno scodinzolante all'inizio, ma che potevano prendere ben e tutt'altra strada) che lo conducono alla fine (*¾-**).

 


Quindi, SPOILER, abbiamo, da un lato, la nebbia, la bruma, il vapore, la polvere gassosa, la cui caratteristica peculiare e principale non è quella di essere velenosa di per sé (altrimenti ne basterebbe un poco per provocare danni), ma di agire saturando l'aria col suo consistere, sussistere e persistere, impedendo all'ossigeno di poter essere sufficientemente assimilato dagli organismi che ne hanno bisogno, e, dall'altro, orbene ed ohibò, i cuccioli animali e d'essere umano (più un cane adulto (reso?) rabbioso) ne sono immuni. Ma non solo, ecco che infatti la sindrome da immunodeficienza scompare... Beh: boh.

 


Bravi i componenti il terzetto di attori principali (Romain Duris, Olga Kurylenko e la giovane - ma già in “Happy End” di Michael Haneke e nel prossimo “Adoration” di Fabrice du Welz - Fantine Harduin) e ottima la coppia di co-protagonisti anziani (la bravissima Anna Gaylor e l'eccezionale Michel Robin) che resistono in questa gran calma di vento che assedia Parigi ed isola la bianca pietra calcarea di Montmartre (refrattaria allo smog metropolitano, ma non a quello ipogeo) ad ultima, vana speranza (mai tramontana né scirocco, quando servono). Peccato.   

 

**¾-***

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