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Peterloo

Regia di Mike Leigh vedi scheda film

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La recensione su Peterloo

di Spaggy
10 stelle

Peterloo di Mike Leigh è un’opera sontuosa e pregna di significati e rimandi storici, che sin da subito si fissa nella memoria di chi la guarda al pari dei grandi kolossal dei tempi che furono. La storia ha inizio nel 1819 quando, finita la battaglia di Waterloo, le truppe inglesi fanno il loro rientro a casa. Tra i militari, Leigh scegli di seguire le due diverse strade del generale sir John Byng, un veterano delle campagne di Wellington, e del soldato semplice Joseph. Mentre Byng viene assegnato alle regioni del nord, dove secondo il primo ministro si sta diffondendo una grave malattia tra il popolo chiamata democrazia, Joseph fa rientro a casa dalla sua famiglia, che vive a Manchester, città lontana da quella che conosciamo oggi.

La Manchester del 1819 è fortemente caratterizzata dalle divisioni tra classi aristocratiche, clero e classe operaia. Un confine netto attraversa i tre scompartimenti ma, mentre aristocratici e religiosi sono in combutta con la complicità dei magistrati, il popolo è lasciato a marcire nella sua povertà. Disoccupazione, industrializzazione e crisi finanziaria hanno portato la popolazione della città al collasso e tra i ranghi più riformisti cresce lentamente il malcontento, alimentato dagli oratori locali che, emuli del più noto Henry Hunt, provano a solleticare la voglia di libertà della gente avanzando prima di tutto la possibilità di poter avere un rappresentate locale al Parlamento (Manchester era ai tempi una delle città che non aveva nemmeno diritto di voto, stando alle leggi inglesi). Con le sue rapide folate, il vento del cambiamento si diffonde tra i vicoli e le locande ma le riunioni clandestine non lasciano indifferenti le autorità locali che, non considerando i pericoli, allertano le istituzioni nazionali e persino il re nella figura del Principe Reggente, ovvero l’inetto figlio di re Giorgio III. Suffragette, tessitori, proprietari terrieri, giovani pieni di belle speranze e giornalisti locali si prodigano per riuscire a portare in città l’irraggiungibile Hunt per un raduno in grado di richiamare migliaia di persone, provenienti dalla città ma anche da molto più lontano.

Nelle stanze del potere si decide però di mandare a reprimere il tutto la Guardia Nazionale, alla cui guida vi è quel sir Byng appena ritornato dalla guerra. Non volendosi sporcare le mani in maniera diretta, Byng fa in modo di non essere presente lasciando il comando al suo vice: ne conseguirà una carneficina che i futuri fondatori del quotidiano The Guardian chiameranno tristemente Peterloo.

scena

Peterloo (2018): scena

 

Che Mike Leigh sia un maestro è un dato di fatto. Il cinema inglese sa di avere nell’autore uno dei suoi massimi rappresentanti e Leigh non delude le aspettative di chi è abituato al suo modus operandi composto e rigoroso. Pardo d’Oro a Locarno nel 1972, Palma d’Oro a Cannes nel 1996 e Leone d’Oro a Venezia nel 2004, Leigh sa come costruire un intreccio e ne dà prova nella prima ora e mezza di Peterloo, quando con calma, solerzia e attenzione, presenta i personaggi che compongono la vicenda, senza lasciare nulla al caso e senza sposare alcun punto di vista in particolare. La sua attenzione è rivolta al fine ultimo: mostrare quanto pericolosa, in un verso o nell’altro, possa essere la parola umana, in grado di illudere e di uccidere.

La situazione storica del periodo viene mostrata attraverso ogni singolo personaggi che appare sulla scena: un cartello illustrativo avrebbe potuto in pochissimi minuti adempiere il compito tediando. Leigh, invece, sceglie di dilungarsi rapendo letteralmente chi guarda. Maniacalmente quasi, ci restituisce le figure di potere, interessate a preservare lo status quo per non perdere i loro privilegi: magistrati che mettono in pratica la loro personalissima visione della legge, regnanti interessati ai lussi della loro condizione e un Parlamento talmente conservatore da far impallidire le destre più estremiste. Temono gli effetti della Rivoluzione Francese e desiderano sedare alla nascita ogni possibile insurrezione: colpire Manchester equivale nella loro logica a far sì che la malattia si blocchi e non si diffonda. Dall’altro lato, Leigh mostra come le conseguenze delle decisioni di pochi si riversino sulla moltitudine. Le classi più povere, le donne, i reduci di guerra, i contadini e i proprietari terrieri, già all’angolo per le varie congiunture, sono oramai stremati e credono nelle parole di chi, novello Messia, porta loro il nuovo Verbo. Libertà o morte sarà il credo finale, quello a cui si atterranno anche nel peggiore dei momenti. L’arte oratoria, il potere speciale di muovere qualcuno con l’uso delle parole, ne esce con le ossa rotte.

Seppur ambientato nel 1819, Peterloo è attento al presente: le riflessioni che porta con sé sono universali e applicabili a ciò che ancora oggi viviamo nel mondo. Basta guardare la nostra classe politica per renderci conto che ciò che interessa non è lontano da ciò che interessava i governanti di allora. Basta guardare la nostra gente in grado di farsi ammaliare dalle parole, traditrici e beffarde, per intuire che Leigh ha colto nel segno. Per tale ragione, è un film politico, di interesse collettivo. Ma gli amanti della storia dell'arte non possono che intravedervi anche un quadro in continuo movimento, che raggiunge l'apice nel portare in vita La zattera della Medusa di Géricault (dipinto non a caso nel 1819).

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