Regia di Stéphane Brizé vedi scheda film
Per i termi affrontati e lo stile realistico e corale il film è lodevole.
Le dinamiche sindacali e padronali, la disperazione degli operai, la lotta per mantenere il posto di lavoro, le strategie impiegate dall'uno e l'altro fronte del rapporto capitale/lavoro con l'interfaccia dello Stato nel suo volto sociale e poliziesco, ornai impotente al libero mercato della globalizzazione: il film riprende tutto questo in maniera cruda, vorticosa, con dialoghi serrati, in situazione, dando l'impressione che il film sia in costruzione come un flusso vivente che si determina nel mentre si svolge.
Un attore straordinario, Lindon, come lo sono tutti gli altri sullo sfondo. Forse troppo straordinario, perchè man mano il campo si stringe sempre più su di lui. Anche nelle maniifestazioni di massa, Lindon è sempre in avanti, staccato dagli altri. Un effetto che rende le qualità dell'interpretazione dell'attore ma finisce per deprezzare un pochino il fim nel suo insieme, che, lo ribadisco, resta lodevole.
Un altro limite è la totale assenza ideologica, non c'è una coscienza di classe, si lotta per sopravvivere, per difendere il posto di lavoro.Ma forse non è un limite, forse il regista ha voluto ritrarre le lotte di oggi, post-ideologiche, post-moderne, lotte che non spezzano, ma incentivano lo sfruttuamento, lo legittimano, lo rinforzano....(?)
La politica la scorgiamo solo alla fine, nel gesto letale, che sembra promettere una svolta positiva per i lavoratori, ma questa svolta schiude delle promesse in positivo, lasciandomi un retrogusto di buonismo che poteva essere evitato.
Mi aspettavo di più, ma va bene, perchè i temi sono più che centrati.
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