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The Book of Vision

Regia di Carlo Shalom Hintermann vedi scheda film

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La recensione su The Book of Vision

di Spaggy
8 stelle

Eva, una giovane dottoressa con alle spalle una tesi sull’uso delle biotecnologie in oncologia, si interessa alla storia della Medicina per capire in quale momento i medici hanno smesso di ascoltare i propri pazienti per concentrarsi sui loro corpi e farne oggetto di studio. Il punto di svolta della professione del medico risale al Settecento e, grazie all’aiuto del bibliotecario/filologo Stellan, si imbatte in un prezioso volume, Il Libro delle Visioni, scritto dal medico prussiano Johan Anmuth.

In tale volume, Anmuth annota le esperienze di alcuni dei suoi pazienti, a cominciare dalla nobildonna Elizabeth che, sposata con un signorotto locale, è incinta del terzo figlio. Già madre dei piccoli Valentin e Günter, Elizabeth è innamorata di Anmuth e ben poco tollera la decisione del marito di chiamare al suo servizio il giovane medico Nils Lindren, dai metodi più moderni e scientifici. In un mondo ancora dominato da tante superstizioni, dicerie e maledizioni, Anmuth rappresenta l’ultimo stendardo della medicina classica, quella che cerca di curare i pazienti affidandosi più alle loro parole che ai loro organi da visitare. Sin da subito, Anmuth e Lindren evidenziano le loro peculiarità, schierandosi su un ipotetico asse che vede la Tradizione da un lato e il Progresso dall’altro.

In un primo momento, nel suo volume, Anmuth non annota le storie e le vicende della gente comune. E ciò ferisce in particolar modo Maria, la ragazza che ha “adottato” e che fa da serva in casa sua. Giudicata una strega da chiunque per le sue particolari visioni, Maria (reduce da un parto prematuro) vorrebbe che le storie di gente comune come lei così come quelle dei morti che nutrono l’anima di Madre Terra attraverso il grande albero che sorge nei pressi del vicino lago, fossero considerate alla stregua di quelle dei ricchi, non sempre moralmente candidi come appaiono. Dietro a Elizabeth e, soprattutto, al marito si nascondono ombre e vigliaccherie su cui si tace per timore del potere stesso.

Man mano che si avvicina il momento del parto di Elizabeth, le visioni di Maria assumono toni sempre più inquietanti, coinvolgendo il piccolo Valentin, sempre più oggetto di odio da parte del fratello Günter. Parallelamente, le storie del Libro delle Visioni si intrecciano inesorabilmente con quella di Eva. Scopriamo così che Eva è incinta ma che ha anche seri problemi cardiaci, che mettono a repentaglio la sua gravidanza. E, mentre il suo rapporto con Stellan si intensifica e si tramuta in amore, Eva è chiamata a prendere su invito del dottor Morgan una difficile decisione.

Lotte Verbeek, Rocco Gottlieb

The Book of Vision (2020): Lotte Verbeek, Rocco Gottlieb

 

Gioca con il piano spazio-temporale Carlo S. Hintermann per The Book of Vision, il suo primo lungometraggio di finzione. Noto per il documentario The Dark Side of the Sun e per le riprese italiane di The Tree of Life di Terrence Malick (che non a caso qui fa da produttore esecutivo), Hintermann imbastisce una sceneggiatura che usa la Medicina per un discorso molto più ampio in cui diverge dicotomie si affrontano e mettono a segno dei punti: tradizione e innovazione, fede e scienza, onirico e reale diventano solo alcuni dei confronti possibili in una storia che tematicamente è piena di spunti di analisi. Lasciando che passato e presente si confondano permettendo ai personaggi di muoversi liberamente tra l’ieri e l’oggi, Hintermann si addentra nel mondo della Medicina per scoprire come sia cambiato nel tempo il rapporto tra medico e paziente, sottolineando come dal potere della parola e dell’empatia si sia con il tempo arrivati a quello delle immagini e della distanza. In una modernità in cui i rapporti interpersonali sono dominati dalle macchine, anche il medico diviene un essere alieno che, non più confidente o amante, si trasforma in braccio meccanico e puro esecutore: tralasciando la comprensione dell’animo umano, si concentra solo su ciò che è scientificamente provato, riproducibile e classificabile. L’ignoto in medicina ha lasciato spazio alla certezza, mettendo al rogo tutto ciò che un tempo avvicina la professione alla magia e all’interpretazione dell’ignoto.

Grazie ai personaggi di Eva ed Elizabeth, Hintermann sottolinea come la figura femminile sia cambiata nel corso degli anni. Mentre Elizabeth è costretta a ingoiare i suoi stessi sentimenti per far prevalere il senso del dovere, Eva riporta la donna al suo grado zero e, rimanendo fedele a un nome che già biblicamente dice tanto, la trasforma in artefice del proprio destino. Chiamata a una decisione fondamentale, presta il suo ventre al vero amore, a quello che è in grado di oltrepassare epoche e avversità per divenire corpo. Affrontando il peccato commesso da Elizabeth accoglie nel suo ventre quel figlio che solo il puro amore può accettare e comprendere. Seppur donna di Scienza, Eva si lascia travolgere dal Libro delle Visioni e diventa lei stessa un tramite di visioni: in lei, è come se abitasse l’anima di Elizabeth in cerca di pace e sollievo per i tormenti vissuti.  Tra le due donne, interpretate da Lotte Verbeek, se ne insinua una terza: Maria, metafora di quella tradizione secolare che ha visto le ribelli trasformarsi in streghe. A Maria, in particolare, si deve il passaggio da una dimensione all’altra, passaggio che annulla ogni razionalità e confonde i piani narrativi.

Sverrir Gudnason, Lotte Verbeek

The Book of Vision (2020): Sverrir Gudnason, Lotte Verbeek

 

Galeotto fu il libro e chi lo scrisse, sosteneva già Dante. Non stupisce dunque la storia d’amore nascente tra Eva e Stellan nel leggere le pagine di Anmuth e le lettere che lo stesso scambia con l’amata Elizabeth. Se da un lato il libro diviene simbolo, per usare le parole di Eva, del corpo stesso, dall’altro lato le lettere ne sono il cuore pulsante, in grado di generare e nutrire nuovi sentimenti. Reduce da un’unione non proprio felice (come dimostra la prima sequenza), Eva trova in Stellan e nella sua capacità di vedere oltre la realtà quella perfetta metà di cui ha bisogno. E la figura di Stellan potrebbe trovare nuovi spunti se solo volessimo addentrarci nella simbologia religiosa del Nuovo Testamento e azzardassimo il paragone con Giuseppe. E di riferimenti eccellenti potremmo parlare anche per quanto concerne le figure dei due fratellini Valentin e Günther, novelli Remo e Romolo.

Accattivante nella sua perfetta ricostruzione scenica e nell’accompagnamento musicale, The Book of Vision stordisce nella perfetta interpretazione dei suoi attori. Al trio Verbeek, Sverrir Gudnason e Charles Dance, tocca sdoppiarsi: i tre attori recitano doppi ruoli tra il passato e il presente, evitando con destrezza di creare confusione. Vanno sottolineate anche le prove del mai così ambiguo Filippo Nigro e della visionaria Isolda Dychauk (rispettivamente, il marito di Elizabeth e Maria) mentre richiede particolari attenzioni il piccolo Justin Korovkin, che dopo Favolacce nei panni di Günther mette a segno un altro colpo di non poco peso.

Il risultato degli attori è frutto di certo della maestria è di Hintermann che come un abile burattinaio muove fili e fila senza mai perdere di vista il risultato finale, nonostante sia alla prima prova con attori professionisti. Un paio di movimenti di camera, di sovrapposizioni sceniche e di visioni (come quella dell’albero della vita) valgono già da soli la visione.

 

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