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Il peccato - Il furore di Michelangelo

Regia di Andrei Konchalovsky vedi scheda film

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La recensione su Il peccato - Il furore di Michelangelo

di alan smithee
6 stelle

FESTA DEL CINEMA DI ROMA 2019 - FILM EVENTO DI CHIUSURA

La figura dell'artista adulto e all'apice della propria maturità artistica, viene rappresentato, in questa accurata co-produzione italo-russa diretta e sceneggiata dal gran regista Andrei Konchalovski, nel periodo in cui Michelangelo si trovava stretto nella morsa che la scelta strategica ed inevitabilmente univoca tra due importanti committenti rivali di fatto comportava nell'acquisizione dei lavori avvenire: da una parte i Della Rovere, potente famiglia romana grazie al pontificato di Giulio II, per cui l'artista lavorava in esclusiva e risultava in quel momento impegnato nella realizzazione della tomba del predetto pontefice, e la potentissima ed in perenne ascesa famiglia fiorentina dei Medici, che pretendono l'artista per affidargli la facciata monumentale della chiesa di San Lorenzo.

Dopo la realizzazione della volta della Cappella Sistina nel 1506, l'opera del geniale scultore assurge ai vertici di un'arte che egli domina consapevolmente, lasciandosi attorno pochi rivali tra cui l'odiato, ma in qualche modo rispettato, Raffaello.

Incantato dal marmo bianchissimo e prezioso di Carrara, completamente avvinto da un gigantesco parallelepipedo di quel prezioso, incantevole materiale, tanto da riuscire, dopo immense fatiche collettive che causarono anche una morte, a farlo confluire integro a valle per essere lavorato, l'uomo - attaccatissimo al denaro e per questo inviso alla sua stessa famiglia, piuttosto tendente a cercare di vivergli alle spalle, ma provata dall'avarizia del loro celebre parente - finirà per ingannare i suoi originari mandanti (i Della Rovere), per mettersi al seguito dei più potenti ed influenti Medici.

Ne scaturisce un singolare e finemente sfaccettato ritratto ambivalente e binario di geniale artista dalle doti quasi divine, ma anche di uomo facile al sordido compromesso, all'inganno, alla bieca corruzione, oltre che di personaggio devastato e portato quasi alla follia dalla propria avidità e dal desiderio egoistico di anteporre i propri obiettivi a qualsiasi altra esigenza, anche mettendo in difficoltà la propria medesima stirpe.

Valida la scelta singolare di far impersonare l'eccentrico, incontenibile protagonista ad un attore fino a questo momento non particolarmente noto come è Alberto Testone, molto bravo con i suo itratti corporali e facciali aguzzi e carismatici a rendere le sfaccettature di un personaggio così imprevedibile, misterioso e volubile.

Andrei Konchalovski dirige - con la professionalità di un autore piuttosto votato alla versatilità più estrema che lo ha portato, in oltre un quarantennio di professione ammirata e spesso premiata, dalle steppe russe fino ai blockbuster made in Usa con Sylvester Stallone - un film che predilige le splendide visioni d'insieme, proprie di un paese italico rinascimentale che pare già di per sé, con le sue campagne ordinate, i suoi spazi agresti irresistibili, i suoi paesini a presepe pur essi scolpiti nella pietra, un'opera d'arte, avvalorata da una magnifica fotografia che rende unica una bellezza già di per sé assai autoctona e per questo praticamente inimitabile.

Certo la struttura del film denuncia già dai primi minuti, i tratti di un racconto strutturato con una concezione sin troppo televisiva e guidato verso un epilogo che sappia abbracciare lo spettatore, catturarlo senza imporgli quegli sforzi o quelle eccentricità di cui spesso si impadronisce il cinema d'autore, avvalorandosi in questo ultimo caso di uno stile di racconto decisamente più personale ed artistico, quasi sempre più impegnativo ed ostico di quello didattico e a tappe prestabilite proprio del linguaggio narrativo da piccolo schermo. 

    

 

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