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Luci d'inverno

Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film

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La recensione su Luci d'inverno

di emmepi8
10 stelle

 
Un film di Bergman, un autore che ho amato da sempre, certamente uno sguardo cinematografico, sottolineo cinematografico, diverso e colmo dell'idea che vuole rappresentare in maniera forte ed impegnativa. Bergman viene dal teatro e la sua visione cinematografica é legata moltissimo ai contenuti nel rispetto, quasi sempre, del mezzo, conoscendone le diversità ed i significati espressivi ai massimi livelli. Qui si affronta un argomento religioso come quello del credere, del suo bisogno o della sua autonomia; personaggi che ci portano a temi estremamente importanti per il nostro vivere ad un concetto di necessità di vivere per uno scopo che va oltre la nostra quotidianità. Il vuoto che si può creare nell'animo di una persona, che senza un indirizzo o una speranza sente spegnersi la sua volontà di continuare una vita senza un fine che va oltre quello che la vita umana gli dà. Non è questione quindi di mettere in discussione l'ateismo,questa scelta è un discorso ben diverso, se preso seriamente, naturalmente, che si basa su impostazione di pensiero e di conseguente vita ,che affronta la limitatezza della vita umana, che si conclude con nel suo arco di tempo. Chi invece si aggrappa alla speranza di una vita che va oltre, e che questa è solo un passaggio, deve combattere per i principi religiosi che propongono la continuazione della vita spirituale, con tutti i problemi che si sovrappongono o si scontrano a secondo delle sensibilità che li affronta. Il dolore a cui la vita terrena ci sottopone spesso mette in crisi le identità stesse del pensiero e della persona che sceglie questa strada, entrando in una crisi profonda e provocando dei danni a livello di pensiero e non solo. Bergman mette in scena pochi personaggi su cui imbastisce il dubbio che la sofferenza sia giusta, o che sia solo un inutile ed ingiusto tormento, e che se esiste una mente superiore al di sopra di noi non dovrebbe permettere; da qui la figura ambigua del sacerdote che non crede più nel suo compito di accompagnatore di anime, dopo che la moglie amata è venuta a mancare, essendo lei stessa l'ispiratrice e la sostentatrice del suo pensiero e della sua scelta religiosa. I danni che questa sua falsa presenza religiosa arreca alla piccola comunità sono diversi, rifiutando l'amore e la dedizione sincera di una donna in maniera malata e mortificante, oppure l'assenza di presenza spirituale verso una persona bisognosa e debole che in un momento di sconforto si accosta a lui, portandola al suicidio. Il dubbio atroce che Dio esista o che se esiste sia di un conforto non compreso, ce lo porta la figura forse più impensata del racconto e cioè del sagrestano che cerca un confronto con il sacerdote su una sua impressione forte venuta nei confronti di Gesù durante la passione, dove riflette sulle parole che disse in punto di morte sulla croce: “Dio perché mi hai abbandonato? Il sacerdote riflette su questo pensiero e su questo concetto, riportato da una persona semplice si ritrova nel medesimo stato d'animo di Cristo di fronte alla sofferenza senza speranza, al suicida che si porta dietro questo concetto di abbandono non sopportandolo, o alla donna non ricambiata che pur non credente si attacca ad una speranza di amore avuta in un momento di dolore fisico. Quindi in un una vita che è un perenne inverno livido, si affaccia una luce piccola e mortificata dal gelo, ma che pur sempre è una luce e forse una via di speranza nel credere. Il senso della solitudine assoluta provata da Cristo, abbandonato da tutti i suoi apostoli e con la paura di essere lasciato solo anche dal Padre nel momento cruciale di passaggio della vita, si ripete in ogni uomo nei suoi momenti drammatici di vita e la reazione è diversa a secondo se la luce che si affaccia debolmente viene percepita . Il regista risolve la messa in scena in maniera magistrale e nello stesso momento semplice, mettendo in scena una piccola chiesa nuda e fredda, con pochissimi credenti, tutti diversi nella loro partecipazione ed anche in indifferenti al messaggio a cui forse nessuno crede più, oppure la magnifica e gelida visione del mondo esterno, con in particolare la scena del ritrovamento e della sistemazione del suicida.

 

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Sulla trama

Una trilogia e qui siamo al secondo tempo, ma in maniera meno criptica e più penetrante

Su Ingmar Bergman

Un Bergman immenso

Su Gunnar Björnstrand

Il sacerdote problematico ed intenso

Su Ingrid Thulin

Un'attrice immensa e con Bergman ancora di più

Su Max Von Sydow

Un attore che conosciamo bene per altro tipo di cinema, ma qui siamo con il suo scopritore

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