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La guerra dei Roses

Regia di Danny DeVito vedi scheda film

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La recensione su La guerra dei Roses

di Baliverna
6 stelle

Ad un certo punto, senza apparente motivo, la moglie inizia ad odiare il marito e vuole buttarlo fuori di casa. Ma lui fa presto a scendere sul suo stesso piano e a combattere una guerra senza vincitori.

L'ho rimandato per tanti anni, forse per il ghigno un po' sadico e cinico di Danny de Vito nella locandina. Ma essa è fuorviante, perché il suo personaggio non è affatto così come sembra in quell'immagine. Se infatti non è proprio un pacere, è quello dotato di maggiore buon senso, consapevole dell'assurdità della “guerra delle due rose”. A proposito: il titolo, per come lo si traduca, perde per forza il doppio senso originale.

Si può dire che sia un film divenuto celebre, forse in gran parte per merito degli attori, e per la storia estrema che viene raccontata, che credo sia però solo un tantino esagerata rispetto a quello che succede purtroppo nella realtà. Tuttavia il film in generale non è secondo me di livello così alto.

La regia di de Vito, accanto ad indubbi meriti (carrelli, cinepresa puntata dal basso, movimenti vari), soffre anche di una leggera e vaga fiacchezza, che risiede forse nel montaggio e nei tempi non sempre ben calibrati. Il regista dà il suo meglio nel dirigere gli attori, mentre non riesce a conferire vera solidità e ritmo giusto al procedere del film.

Ho trovato bravi entrambi i protagonisti. Mi sono piaciute sia facce esasperate o sconcertate di Douglas, che lo sguardo tagliente e gelido della Turner quando chiede al marito di andarsene di casa. Il fatto che Douglas sia doppiato da Giancarlo Giannini, e per certi suoi sfoghi di rabbia, viene in mente il Jack Nicholson di “Shining”..... La Turner, dal canto suo, dà il meglio di sé quando da una parte procede come un carro armato nel volersi liberare del marito, e dall'altra dà mostra di chiedersi se sia giusto, o come sia potuta cadere così in basso, o passare dall'amore all'odio senza una ragione. E de Vito non perde l'occasione di mostrare quella che all'epoca era una sex-symbol in una camicetta sottile sottile, o con le gambe in posture provocanti. La scena in cui lei stritola il marito con le gambe è una di queste, con il suo valore metaforico.

Se l'avesse scritto e diretto Woody Allen, probabilmente questo film sarebbe un capolavoro. Tuttavia, la pellicola riesce nell'intento di mostrare una tragedia personale e familiare con sincerità, ma anche senza quel cinismo che mi tiene lontano da certi altri film.

 

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