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La donna elettrica

Regia di Benedikt Erlingsson vedi scheda film

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La recensione su La donna elettrica

di obyone
7 stelle

Halldóra Geirharðsdóttir

La donna elettrica (2018): Halldóra Geirharðsdóttir

 

In una congiuntura in cui le dispute intorno all'ambiente si sono animate all'inverosimile, spesso nel pressappochismo della rete, che rischia di rendere il confronto sul tema una sterile caciara da bar, "La donna elettrica", diretto da Benedikt Erlingsson, si è eretto a baluardo cinematografico della questione e, per meriti artistici e soprattutto per aver espresso valori condivisi dalla variegata entità sociale e culturale rappresentante il Vecchio Continente, è stato tributato dal Parlamento Europeo con il Lux Prize 2018.

La piccola Islanda, sbattuta dalla deriva dei continenti nel più gelido e lontano angolo dell'Europa, ma proprio per questo rimasta quasi immacolata al progresso industriale e al sovrafollamento, è stata premiata, lei che europeista non è, per aver diffuso un messaggio ecologista in un continente distratto da altre quisquilie. A scagliare la missiva verso il cuore di politici e persone comuni è stato l'arco teso, da guerriera delle praterie, della battagliera protagonista del film, una musicista che ha corso enormi rischi al fine di sabotare le linee elettriche che alimentavano una multinazionale di grandi dimensioni, il tutto mentre le autorità del paese e quelle cinesi stavano mettendo a punto un piano di concessioni governative per l'estrazione di risorse dal sottosuolo. Halla non aveva però messo in conto alcuni contrattempi intervenuti a minare la sua risolutezza: una lettera, una richiesta d'aiuto dalla lontana Ucraina ed il coinvolgimento della sorella nel proprio operato.

 

scena

La donna elettrica (2018): scena

 

Benedikt Erlingsson, che si è occupato della regia e della scrittura, ha lanciato l'amo ben consapevole dei rischi insiti in un messaggio complesso come quello ambientale. Il rischio accettato era quello di non tirar su niente ma la speranza era quella di smuovere, almeno, le acque. Un film non può certo indirizzare la politica e nemmeno i movimenti di piazza possono fare molto in tal senso. Ma la coscienza collettiva è pur sempre un corpo plasmabile con molta pazienza. E se è vero quanto obiettato dalla protagonista ("il pianeta non ha più tempo") è anche vero che la goccia erode la roccia come sussurrato dalla docile e ieratica sorella di lei. Il film dunque ha avuto il merito di erodere la roccia granitica della coscienza dello spettatore chiamato, quanto meno, ad una riflessione sulle proprie abitudini. Alla politica, tuttavia, resta l'onere di assumersi le proprie responsabilità promuovendo tecnologie più green e forme di sviluppo più sostenibili per evitare di lasciare al cittadino, spesso irriguardoso dell'ambiente, decisioni che lo porterebbero a prendere la via più comoda. Erlingsson ce lo ricorda così come ci ricorda che i nostri figli stanno scontando, già ora, le scelte del passato e del presente. E ce lo rammenta anche l'ultima scena ambientata in Ucraina tra fiumi straripati per le pioggie di un diluvio moderno ed il lugubre skyline di una centrale atomica che sovrasta i cieli plumbei del luogo.

 

Halldóra Geirharðsdóttir

La donna elettrica (2018): Halldóra Geirharðsdóttir

 

Dal punto di vista filmico si fa notare l'attrice

Halldóra Geirharðsdóttir che si sdoppia tra militanza aggressiva e ascetismo pragmatico mentre il giovane turista ispanico (Juan Camillo Roman Estrada) dispensa quella lievità e quell'ironia, nella sua sventurata presenza, che allegerisce la solennità della materia canzonando una comunità isolana chiusa in sé stessa. Erlingsson preferisce i toni lievi ed ironici, consapevole che il sorriso rende la medicina meno amara. Una splendida tracklist, composta da sonorità jazz in stile nordico ed un trio di voci folk femminili provenienti da una malinconica e lontana Ucraina, gli consentono di evitare le sacche della pedanteria. Il suono inizialmente off screen diventa diegetico nei volti e nelle voci dei musicisti che compaiono all'improvviso su un prato, in un angusta stanzetta o su di un tetto spiovente dialogando impercettibilmente con la protagonista ed offrendo ritmi e sonorità adatte alla situazione, allo stato d'animo e alla tensione emotiva provati nel momento. Pur non impeccabile nella scrittura, "La donna elettrica" è un film arguto che, non arrogandosi il compito di proporre soluzioni alla crisi, denota le divergenze tra sviluppo economico e protezione ambientale, mettendo in mostra la bellezza di un territorio ancora incontaminato, ma forse non per molto. Riprese ariose dall'alto, campi lunghi ed una fotografia satura di blu e di verde amplificano la sensazione di bellezza che un grande schermo riesce a rendere vibrante come la corda oscillante di un arco che ha scagliato la propria freccia arrabbiata in alto sopra le nuvole. Piccola gemma di un cinema islandese sempre più raffinato.

 

Vo' al Cinema - Sala della Comunità - Vo' di Brendola (VI)

 

Halldóra Geirharðsdóttir

La donna elettrica (2018): Halldóra Geirharðsdóttir

 

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