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L'isola dei cani

Regia di Wes Anderson vedi scheda film

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La recensione su L'isola dei cani

di Malpaso
9 stelle

Lo stile caratteristico di Wes Anderson potrebbe essere definito "analitico" nel suo frammentare il quadro in scelte visive elementari e geometricamente perfette, nel suo dirigere gli attori e la messinscena generale verso una direzione antinaturalistica, quasi cartoonesca: il paradosso del cinema di quest'autore eccezionale sta proprio nella sua capacità di raccontare i sentimenti pur essendogli estraneo il tentativo di rappresentarli in modo realistico. Sembra quindi un approdo dovuto l'animazione, di cui L'isola dei cani rappresenta il secondo esperimento nel genere.

 

Quindi, posta questa premessa, appare ancora più straordinario come Anderson abbia sfruttato la sua incursione nel mondo della plastilina in stop motion per realizzare una riuscita e divertente satira politico-sociale. L'autore tratteggia con disincanto le macerie che lascerà il nuovo clima politico mondiale; ad essere presa di mira è senz'ombra di dubbio la demagogia di Donald Trump nella figura del sindaco Kobayashi, nemico della scienza capace di far dimenticare al popolo la virtù della solidarietà, in questo caso specifico l'amore per i cani. Non a caso, i soli personaggi ad essere doppiati dal giapponese sono quei pochi degni di essere ascoltati; agli altri resta giusto l'interprete per l'essenziale. A leggere il titolo originale ad alta voce "Isle of Dogs" si trasforma in "I love dogs": una presa di posizione netta del regista, un richiamo all'ascolto del cuore ancor prima della ragione; quest'ultima, infatti, va prima di tutto ascoltata da chi, in questo periodo buio della storia, viene spesso imbavagliato.

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