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Il fantasma e la signora Muir

Regia di Joseph L. Mankiewicz vedi scheda film

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La recensione su Il fantasma e la signora Muir

di luisasalvi
8 stelle

Sento che il film si inserisce bene nella restante produzione del regista, ma non riesco a darne una spiegazione. Lucy Muir, rimasta vedova con una figlia, lascia la casa in cui viveva con suocera e cognata formaliste e invadenti (come forse era anche il marito, di cui forse lei non era mai stata innamorata, anche se rifiuta di ammetterlo) e va a vivere in una casa "abitata" dal fantasma del suo ultimo proprietario, capitano di marina. Questi atterrisce gli inquilini, ma non Lucy, con cui finisce per fare amicizia, che presto si trasforma in amore anche grazie al sodalizio artistico, poiché il fantasma detta a Lucy la storia della sua vita. Tuttavia lo stesso fantasma invita Lucy a cercare la compagnia di altri uomini, per risposarsi; poi si oppone a quello da lei scelto, ma se ne va, lasciandola "vivere" anche a costo di rischi e delusioni. Infatti la delusione arriva presto e Lucy resta sola, in compagnia del ricordo del fantasma che crede di aver solo sognato; ma lui è lì ad attenderne la morte per portarla con sé.

Il film nasce da una buona idea, dagli sviluppi forse prevedibili, ma non banali, pur se indeboliti da una recitazione troppo fiacca della Tierney, che rende problematica ogni interpretazione: ironia, amore travolgente per l'uno o per l'altro, timori e impegni, tutto scompare in quella faccia di marmo. Il film non si lascia ridurre a "uno dei più struggenti amori impossibili della storia del cinema" (Mereghetti), ma forse è anche questo, se dimentichiamo la faccia impassibile della Tierney, forse bravissima in altri film, ma non in questo. A meno che anche questo non fosse voluto dal regista per mantenere ambiguo il senso del film, così come sembra voluta la recitazione compiaciuta di Harrison, forse a esprimere l'arroganza "paterna", se il fantasma è immagine del padre e l'amore di Lucy un irrisolto complesso edipico e fedeltà suicida al fantasma di ideale paterno: il "padre" non vuole lasciare la casa di sua proprietà e vorrebbe vederla destinata ai propri "ricordi", ai vecchi marinai; il fallimento di un tentativo di indipendenza condanna Lucy a chiudersi in quei ricordi, vivendo come colpa il tentato allontanamento dal "padre". Forse la patina di romanticismo e di nobiltà che finge di avvolgere l'amore del fantasma è parallelo della onestà del direttore del carcere di Uomini e cobra o dell'aspirazione artistica di Eva contro Eva; sotto c'è sempre l'egoismo pronto a divorare l'essere "amato", secondo la logica della "filantropia dell'antropofago", che può costituire il motto di Mankiewicz, applicato fin dall'inizio anche all'altro mondo, dei fantasmi, o fuor di metafora all'amore paterno, che più di altri dovrebbe essere fatto di dedizione altruistica.

Infatti il fantasma aveva saputo imporsi in molte occasioni meno importanti, l'aveva persuasa a scrivere il romanzo della propria vita con uno stile che il perbenismo di lei stentava ad accettare; eppure, pur riconoscendo di aver curiosato in casa del suo "innamorato", e perciò sapendo bene che lui è sposato e la inganna, non le dice nulla. Attento osservatore, capace di comprendere il passato e di prevedere il futuro, usa le sue capacità a proprio esclusivo beneficio, prima per far scrivere il suo libro, poi per conservare solo per sé l'amata, ben sapendo che una seconda delusione amorosa (dopo un matrimonio già deludente) l'avrebbe distolta per sempre da altri tentativi e l'avrebbe tenuta legata al ricordo di sé, in attesa di averla per sempre.

Più che del padre, forse il fantasma è figura dell'artista, che sfrutta i suoi vicini per la sua arte, cioè li divora mentre crede e finge di amarli. Come ognuno sfrutta la propria arte, o la propria abilità, generalmente per sedurre gli altri e utilizzarli per interessi meschini. L'arte è solo uno fra i possibili mezzi di seduzione, come l'attento ossequio servile e l'amore (simulato) di Cicero o il carisma di Pitman in Uomini e cobra o la malattia in Masquerade, utilizzati con lo stesso cinismo; solo in La gente mormora il protagonista non agisce per egoismo; ma il suo amore disinteressato sarà usato contro di lui, tanto poco sono credibili i gesti disinteressati.

Rivisto a distanza di tempo, senza ricordare queste considerazioni, ho riprovato la stessa sensazione iniziale di favoletta sentimentale (su cui sicuramente il regista sorride), con gli stessi dubbi e la stessa difficoltà ad inserirlo nel contesto della rimanente produzione del regista; mi convince la spiegazione che ne ho proposto qui, ma credo che la recitazione quasi impassibile della Tierney sia funzionale al personaggio ammodo, ben educato, della buona società inglese abituata a controllare le proprie reazioni e perfino i propri sentimenti: adatta proprio ad una persona innamorata della figura paterna, cui può anche prestare intemperanze espressive da marinaio che non adotterebbe mai in prima persona. 

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