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Valley of Shadows

Regia di Jonas Matzow Gulbrandsen vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Valley of Shadows

di alan smithee
6 stelle

locandina

Valley of Shadows (2017): locandina

Recensione. nr. 3000

FESTA DEL CINEMA DI ROMA 2017 - SELEZIONE UFFICIALE 

"Quello che non capiamo ci spaventa, per cui dobbiamo dare  la colpa al mostro".

Aslak è un bellissimo bimbo norvegese che vive con la madre in una zona boschiva assai isolata, ma paesaggisticamente seducente.

Non pare avere molti amici, se non il figlio di un allevatore di pecore in realtà ben più grande di lui.

Quando, col sopraggiungere

Adam Ekeli

Valley of Shadows (2017): Adam Ekeli

Adam Ekeli

Valley of Shadows (2017): Adam Ekeli

della luna piena, nella notte, un predatore fa scempio ogni volta di molti capi di bestiame, orrendamente massacrati per il solo gusto di uccidere, tra i due ragazzi si diffonde l'idea che nei paraggi un licantropo sia tornato per sfamarsi di anime, animali e non.

Contemporaneamente una tragedia familiare interrompe per sempre il rapporto solo accennato superficialmente del piccolo Aslak col fratello maggiore, ritrovato cadavere per cause mai rivelate concretamente, ma solo fatte dedurre da circostanze vaghe.

Valley of shadows si fa forza, e alla fine pure si crogiola senza remore, sulle atmosfere horror di ispirazione nordica, le stesse che lo splendido paesaggio naturale riesce ad evocare alla perfezione, coadiuvato da una fotografia che ne esalta giochi di colore e le sfumature suadenti, incorniciate da una ripresa sapiente che ne coltiva ed accentua l'effetto sefurtivo e quali ipnotico.

Non meno coerenti ed azzeccate risultano le indovinate musiche ad effetto, accompagnate spesso da voci liriche in grado di perfezionare l'effetto pittoresco e la presa emotiva.

Adam Ekeli

Valley of Shadows (2017): Adam Ekeli

Adam Ekeli

Valley of Shadows (2017): Adam Ekeli

Dimentichiamoci tuttavia i lupi mannari ancor goffi ma fantastici in pieni anni '80, quelli meccanici alla vecchia maniera Rambaldi/John Landis, o quelli ugualmente piacevoli e forse più teneri di quel gioiellino molto dimenticato de Unico indizio la luna piena, tratto da King.

Qui la paura è tutta nella mente, tutta frutto di emozioni da letture di racconti mitologici che inventano e fantasticano certo, ma si poggiano su tradizioni tutt'altro che campate per aria; e ancora di shock da perdite dovute a problematiche ben più reali e concrete (la morte del fratello - tossicodipendente o vampiro che sia - non si dimentica di lasciare strascichi psicologici non indifferenti nel fratellino che non sa, non conosce i dettagli, ma si rende ben conto delle estreme conseguenze), quelle che una mente bambina, aperta e ricettiva, ma ancora possibilmente ingenua, fa sue con gli opportuni comprensibili adattamenti o semplificazioni.

Valley of shadows in fondo funziona, se lo si prende come il frutto di una costruzione mentale ardita, furba pure un poco, ma generata dalla ingenua impossibilità di potersi dare altre spiegazioni più concrete e validamente plausibili.

Ed è valida la mano smaliziata del regista, che illude anche il più scafato deglu spettatori a pensare che qualche trasformazione concreta prima o poi possa accadere: non è un caso che lo sguardo del regista Jonas Matzow Gulbrandsen inceda quasi morbosamente sulla fisicità spesso esposta del bel protagonista biondo, spesso seminudo nel suo sonno leggero ed inerosimilmente esposto alle note rigide temperature nordiche con una improbabile noncuranza "stalloniana".

Se a volte capita (e capita per fortuna) che un film sia arte, e se l'arte è a volte pure la cornice che avvolge la tela, Valley of shadows può essere apprezzato per questa sua ostinata e pure un po' fine a se stessa costruzione formale; coscienti che tutto ciò di concreto che fosse subentrato nella trama, avrebbe rischiato molto probabilmente di rovinare il bel castello di carte costruito con certosina pazienza e millimetrico gusto scenico.

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