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Il bene mio

Regia di Pippo Mezzapesa vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il bene mio

di axe
6 stelle

Un paese del meridione italiano, Provvidenza, è colpito da un terremoto, il quale semina distruzione tra le case e lutti tra la popolazione. I superstiti si trasferiscono in un agglomerato di nuova costruzione non distante dal borgo, il quale rimane con un solo, irriducibile, abitante, Elia. Egli, che nel disastro ha perso la moglie, si ostina a vivere lì, nonostante il sindaco - cognato - cerchi in ogni modo di convincerlo ad abbandonare il paesino, le porte delle cui case vengono man mano murate, prima di un intervento della forza pubblica; ciò, inoltre, gli procura scherno ed antipatia di molti abitanti del nuovo borgo. La quotidianità dell'uomo è sconvolta dall'arrivo di una donna misteriosa, che si rivela essere una immigrata clandestina, di passaggio in Italia per raggiungere la famiglia all'estero. Il film affronta in poco più di novanta minuti diverse tematiche, la principale delle quali è il rapporto tra una popolazione ed un disastro, che, in questo caso, è un terremoto. Elia sembra essere l'unico intenzionato a continuare la sua vita nel borgo semidistrutto ed abbandonato, perchè ad esso sono legati non solo i ricordi della vita - e della morte - della moglie, ma anche di un'esistenza felice, della quale sente la necessità di conservare la memoria, tramite l'accumulo di oggetti di uso comune, che recupera dagli edifici deserti. Anche i compaesani trasferitisi altrove non riescono a rescindere i legami con il borgo di origine. Essi tentano di dimenticare il dolore ed i lutti subiti, insieme a tutto ciò che il paese rappresentava, ma non riescono, e, o con consapevolezza, o senza, di ciò danno responsabilità ad Elia, che sembra renderli nudi di fronte a questa verità. Ne sono prova gli atteggiamenti del sindaco; dell'agente di poliza locale; della donna, amica, che ogni tanto lo raggiunge in paese; dei più giovani, che considerano il protagonista niente più di uno svitato, e sembrano cresciuti senza prospettive o ideali. Una comunità il cui sviluppo, in un modo o nell'altro, si è arrestato, e che, grazie al suo unico membro che in qualche modo ha saputo reagire, a fine narrazione, sembra recuperare quel baluginìo di consapevolezza, che potrebbe dare uno slancio ad una vera rinascita. Lo stesso Elia, a sua volta, ha bisogno di uno stimolo; esso arriva, sotto forma dello stato di bisogno della donna straniera. Sentendo la necessità di prendersi cura di lei, l'uomo, pur non cambiando stile di vita, torna a sentirsi vivo, e si prepara a "voltare pagina". Così ce lo mostrano gli ultimi istanti del film; recarsi là dove è morta la moglie, e, raggiunto lo scopo di trasmettere il valori della memoria, prepararsi a vivere un'altra fase della propria esistenza. Molto bravi il regista e Sergio Rubini nel creare il personaggio di Elia. Tramite le sue parole, il paese di Provvidenza torna a vivere; trasmettono l'idea di un livello di esistenza semplice ma felice; di una quotidianità serena nel suo ripetersi, che stride con le immagini di abbandono e distruzione mostrate per l'intera durata del film. Non altrettanto adeguatamente sviluppata - ma non era questo l'intento del film - è la tematica dell'immigrazione. Il sopraggiungere della donna straniera ed irregolare sul suolo italiano è uno "strumento narrativo" che il regista utilizza per sviluppare la sua storia. Le scenografie si limitano a mostrare interni ed esterni del paese "rinnegato"; trasmettono l'idea di un territorio trascurato, ma ancora pieno di fascino; le sequenze che mostrano il transito delle greggi lasciano immaginare un radicamento umano talmente risalente nel tempo da non poter essere comunque intaccato da una temporanea decadenza. Un film dai ritmi lenti e dalle immagini evocative, che ha il suo valore non tanto nella trama, quanto nel raccontare un territorio ed i suoi abitanti in un particolare momento della loro comune esistenza.

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