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Piazza Vittorio

Regia di Abel Ferrara vedi scheda film

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La recensione su Piazza Vittorio

di barabbovich
8 stelle

Pur mancando di una coerenza narrativa, il film – girato con una troupe ai minimi termini, è per lo spettatore un’esperienza immersiva in quella realtà, il racconto vitalistico e pieno di energia di un mondo a suo modo straordinario.

"Stiamo facendo un documentario sull'immigrazione e su Piazza Vittorio", dichiara il regista Abel Ferrara, in una delle sue occasionali comparsate in campo, mentre si trova a negoziare con uno sfaccendato ragazzo della Guinea che pretende di essere pagato per un'intervista di cinque minuti. Insomma, l'intento è chiaro: quello di raccontare il melting pot di una delle piazze più grandi di Roma, situata all'Esquilino, a un passo dalla stazione Termini, ex sede di un mercato rionale all'aperto trasferito altrove. Con un registro rapsodico che caratterizza molte delle sue opere, Ferrara assembla i materiali più disparati: le interviste a persone arrivate da tutti i continenti, perdigiorno, ubriachi, gente in fila alla mensa della Caritas, drop out, il macellaio egiziano, la ristoratrice cinese e via discorrendo. Ai loro punti di vista si aggiungono quelli di Matteo Garrone e di Willem Defoe: il primo trasferitosi lì dai Parioli, il secondo da New York. Il discorso va sempre a parare sul tema della convivenza interetnica: dalla clochard che impreca contro gli immigrati agli attivisti di Casapound che parlano della "grande sostituzione", fino a chi vede quel mondo come un esempio esaltante di fratellanza e solidarietà. Pur mancando di una coerenza narrativa (si passa dagli inserti dell'Istituto Luce, che ci mostrano una piazza diversissima da quella di oggi, alle furibonde entrate in campo di Ferrara che dice "sono un disperato che sta tentando di guadagnarsi da vivere qui.."), il film - girato con una troupe ai minimi termini - è per lo spettatore un'esperienza immersiva in quella realtà, il racconto vitalistico e pieno di energia di un mondo a suo modo straordinario.

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