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Professione reporter

Regia di Michelangelo Antonioni vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Professione reporter

di kerouac
10 stelle

Alla ricerca dell'uomo. L'obiettivo di Antonioni è proprio questo, un osservatore che si allontana dagli altri per guardare tutto da un occhio nuovo, cercando finalmente se stesso. Non è un racconto di formazione, è un'autentica piramide ad incastri dove lo scambio di identità diventa metafora straordinaria per monitorizzare da un'altra angolazione la vita, rovesciare lo specchio di tutti i giorni e annullare il passato. Antonioni fa questo per comprendere il mondo, scende di un passo per isolarsi dalla realtà e concepire tutto da zero.
Ha compiuto uno dei più grandi viaggi nell'umanità facendolo sembrare un apologo, ed invece ha esplorato il suo tempo e il suo cinema portandoli ad una conclusione: presa di coscienza del malessere e vuoto esistenziale sono solo le superfici di un diario umano giunto alla più totale maturazione: Antonioni fonde la sua concezione dello SGUARDO, nella sua duplice chiave di sguardo come osservazione e meditazione sui significati della vita e sguardo propriamente detto, cioè la ricerca definitiva di una soluzione all'interrogativo "come rappresentare l'esistenza", con il tema portante del nuovo secolo, ovvero l'IMPOSSIBILITA' DI UN'UNICA REALTA', come Pirandello insegna; ed è da questa direzione che il regista costruisce i presupposti per il suo film: partendo da Pirandello e dalla convinzione che la realtà non è univoca, ma molteplice, in cui ognuno recita un ruolo perchè è una maschera e vede gli altri secondo la sua imperfetta visione, Antonioni prova a varcare questi confini, permettendo a una persona qualsiasi di misurarsi con una nuova esistenza, cambiare il calvario che sta vivendo, e fare qualcosa che non è permesso, ossia reincarnarsi senza morire per cercare una nuova via. L'intero film, ogni tappa tracciata dal regista è la conseguenza di questo miracolo, cioè completare il discorso di Pirandello, avere la possibilità di conoscere un'altra realtà al di fuori della nostra e comprendere finalmente qualcosa da questo Caos. Ma è solo un'illusione: la conoscenza della realtà, o almeno la speranza di poterla finalmente cogliere, non aggiunge nulla alla vita, destinata comunque ad uno stato di alienazione perenne che demolisce l'individuo indipendentemente dal suo nome. Ed è questa la dirittura di arrivo del pensiero antonioniano, la sintesi di tutta la sua attività cinematografica: l'impossibilità a rifiutare chi siamo, perchè siamo perseguitati da ciò che proviamo e non c'è soluzione al nostro stato d'animo. L'uomo ha modificato la natura, ma è la sua stessa natura di persona a ritorcersi contro di lui, come se fosse vittima di stesso e dell'impossibilità di adattarsi a ciò che più ama, alla società che l'ha generato.
Non è un film, piuttosto un percorso di immagini con una cinepresa che ha un volto ed è tramite diretta dell'anima, dei suoi pensieri, delle sue osservazioni.
Alla fine di questo viaggio viscerale dentro gli altri e se stesso, si è reso conto che solo sette minuti di piano-sequenza avrebbero potuto esprimere quello che ha visto in fondo a questo pellegrinaggio, e forse è l'unico regista ad aver compreso la sconfitta vera dell'uomo, accarezzando una tradizione (letteraria e cinematografica) infinita e ribaltando Candido e Pirandello... per non riaprire più gli occhi sul mondo.

Sulla trama

La trama è qualcosa di unico nella storia del cinema. La filosofia applicata alla macchina da presa, il genio di Antonioni nel suo capolavoro assoluto!!! Con C'ERA UNA VOLTA IN AMERICA, 8 e 1/2, TEMPI MODERNI, 2001: ODISSEA NELLO SPAZIO, UNDERGROUND e INTO THE WILD è il film più importante della mia vita, o semplicemente per scoprire gli autentici significati della vita.

Su Maria Schneider

Irradia luce tanto è bella

Su Jack Nicholson

Favoloso.

Su Michelangelo Antonioni

Se fossi regista, è il film che vorrei aver diretto. Esattamente come Antonioni.

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