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Canaletto a Venezia

Regia di Phil Grabsky vedi scheda film

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La recensione su Canaletto a Venezia

di yume
10 stelle

Amato più di ogni altro dai grandi protagonisti del Grand Tour, quando il turismo era altra cosa e le grandi navi nel bacino di San Marco solo un incubo fantascientifico, Canaletto è stato e sarà sempre il cantore di una Venezia al culmine del suo splendore, ma una Venezia che non risulta per questo estranea all’uomo di oggi.

locandina

Canaletto a Venezia (2017): locandina

In San Lio, nei pressi di Rialto, vicino alla lussuosa residenza sul Canal Grande del suo gran committente, Joseph Smith, ricco mercante di pesce, banchiere e console britannico a Venezia, nasce in una casa modesta nel 1697 Giovanni Antonio Canal, detto Canaletto per distinguerlo dal padre Bernardo e certo anche perché piccolo di statura e solitario per carattere.

 

 Mai presa moglie, morì nel 1768 con pochi averi, “poche camicie, qualche pantalon e tele ancora da finir…”, nella casa dove era nato.

Visse un po’di tempo a Roma, Smith lo introdusse a Londra dove dipinse prospettive del Tamigi che sembrano il Canal Grande, ma Venezia è una città che non si lascia per troppo tempo, e dunque è lì che tornò per sempre.

Per gentile concessione di Sua Maestà Elisabetta II, la mostra “Canaletto e l’arte di Venezia”, allestita presso la Galleria della Regina a Buckingham Palace fino a Novembre 2017 anche con altri pezzi importanti della Royal Collection di Buckingham Palace e Windsor Castle, è arrivata sui nostri schermi grazie ad un film diretto da David Bickerstaff e scritto con Phil Grabsky, distribuito da Nexo Digital con i media partner Sky Arte HD e MYmovies.it.

 

Come da qualche tempo felicemente accade in un solidale e fertile scambio fra le arti che, liberando da steccati e particolarismi i linguaggi di ognuna, le fa dialogare fra loro e con il pubblico, il cinema raccoglie l’invito e realizza per lo schermo qualcosa che non è l’asettica riproduzione documentaria dell’opera d’arte ad uso delle masse, né intende in alcun modo procedere alla sistematica distruzione della sua aura di irripetibile unicità.

Come tutti ben sappiamo, nulla potrà mai sostituire la fruizione diretta, a pochi centimetri di distanza, dell’opera, ed edifici dedicati alle Muse cominciammo ben presto a costruirne lungo le sponde del mare nostrum per dare all’arte e agli artisti una casa comune aperta anche al popolo, normalmente escluso dai fasti di corte.

Se dunque per tanto tempo l’eterno Ulisse che è in noi ha scelto di viaggiare fra le sale silenziose e farsi guardare negli occhi da quel mondo vivente al di là delle cornici dorate, oggi quello stesso Ulisse sa che la scelta più umana è di essere figlio del proprio tempo, e comodamente assiso in poltrona di platea vede, ascolta, legge e intanto pensa.

 

scena

Canaletto a Venezia (2017): scena

Sintesi della storia di un cittadino della Serenissima Repubblica, Stato libero, ricco, operoso e laico, di cultura raffinata e bellezza ineguagliabile, racconto del mondo di un artista che ne interpretò lo spirito e ne ritrasse l’armonia di forme nella luminosa razionalità delle sue prospettive, ritratto di un genio che assorbì dal suo angolo privilegiato la forza innovativa dell’Età del Lumi, Canaletto a Venezia si può definire un road movie dell’arte.

Si muove infatti nel tempo e nello spazio con agilità, di tanto in tanto qualcuno (curatori, storici dell’arte, esperti restauratori) si affaccia a parlare dallo schermo, spiega, racconta, illumina, una gran musica fa da tappeto sonoro e il piccolo Canal torna a vivere, lui che amava la vita appartata, lui che guardava, guardava e guardava.

E nel suo studio riproduceva, ricreava la “sua” Venezia, raccontava una città tutta nella sua mente eppure reale, inventata e autentica, registrata nei particolari più minuti eppure grandiosa nelle sue piazze affollate, nelle facciate che si specchiano nei canali, negli ori e negli stucchi, nei cagnolini, tanti, nei costumi, infiniti, della sua gente, nel silenzio solitario di orti e campielli e nella calca rumorosa che assiste allo sposalizio del mare, abbagliata dall’oro del Bucintoro.

Amato più di ogni altro dai grandi protagonisti del Grand Tour, quando il turismo era altra cosa e le grandi navi nel bacino di San Marco solo un incubo fantascientifico, Canaletto è stato e sarà sempre il cantore di una Venezia al culmine del suo splendore, ma una Venezia che non risulta per questo estranea all’uomo di oggi.

Dai quadri che si susseguono sulle pareti della Galleria della Regina arriva fino a noi una suggestione difficile da definire, le dodici tele in sequenza che percorrono il Canal Grande sono fotogrammi di una pellicola cinematografica e una corsa in gondola da Punta della Dogana a Santa Chiara, l’arte crea il mondo nuovo, noi ci entriamo scavalcando la cornice.

Gran parte dell’opera di Canaletto è a Londra, venduta a re Giorgio III dal bravo console Smith che, ricchissimo, pare non abbia corrisposto al suo artista preferito nella misura adeguata quelle che oggi chiameremmo royalties.

 

Ma forse è giusto così, degno della reggia di una regina, lontano dal mercanteggiamento dell’arte oggi in grande auge, Giovanni Antonio Canal detto Canaletto ha avuto molto di più dalla sorte, la sua arte.

 

 

 

 www.paoladigiuseppe.it

 

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