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Fabrizio De Andrè. Principe libero

Regia di Luca Facchini vedi scheda film

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La recensione su Fabrizio De Andrè. Principe libero

di brianwilson
7 stelle

Tre ore di fiction tv sul grande Fabrizio De André. Un racconto intenso e appassionato, pur con i limiti di un prodotto per il piccolo schermo. I puristi storceranno il naso, il grande pubblico potrebbe apprezzare. E, magari, andare a riscoprire qualche capolavoro di Faber.

Diciamolo subito: è una fiction tv, con tutto quel che ne consegue. Quindi deve essere "potabile" per un pubblico generalista, che di Fabrizio De André magari conosce "La canzone di Marinella" e poco altro. Perciò da questo "Principe Libero" non aspettatevi analisi filologiche, ritratti documentaristici o disquisizioni critiche sui tanti capolavori del cantautore genovese. No, qui si punta sull'uomo De André, con la sua vita irrequieta e anarchica, i suoi amori e le sue debolezze (alcool e sigarette, sin troppo ostentati), la sua poesia e le sue canzoni. Si comincia con un breve accenno al rapimento in Sardegna, per poi tuffarsi nel passato remoto. Ecco De André ragazzino in quel di Genova e il conflittuale rapporto coi genitori. Poi adulto bohemien, gli amici (Paolo Villaggio su tutti, ma anche Tenco), gli incontri, le prostitute, l'amore, la famiglia. E la musica, naturalmente. L'iniziale ritrosia a far dischi, la popolarità crescente, Mina che canta "Marinella" in tv. E i soldi. La crisi con la prima moglie, l'incontro con Dori Ghezzi, il buen retiro in Gallura. E qui finisce la prima parte, veloce come un treno. La seconda rallenta, si sofferma a lungo sul sequestro: il rapporto coi rapitori, le difficoltà per il riscatto, la libertà (così fondamentale per Faber) negatagli brutalmente, fino al rilascio finale.
Un racconto di vita, intenso e appassionato, che la fiction restituisce dignitosamente, pur fra i limiti e i compromessi che signora tv impone. Luca Marinelli è un Faber più bello e fighetto, ma bravo. Canta alcuni pezzi e se la cava discretamente, anche se la sua parlata ha poco di quel genovese così presente nell'intercalare di De André. Bene anche le donne, ma il migliore è Gianluca Gobbi, che ci restituisce un Paolo Villaggio vitale e credibile. In superficie rimangono tante cose, dal complesso universo musicale e letterario di Faber al controverso rapporto col figlio Cristiano (a proposito, siamo curiosi di sapere cosa ne penserà del film). Ciò non vuol dire che "Principe Libero" sia brutto, anzi. La storia avvince, ti prende, a tratti commuove. E, fatto da non sottovalutare, si sente tanta musica. Sempre e solo di De André, sia canzoni vere e proprie che strumentali di raccordo/sfondo. I puristi storceranno il naso, il grande pubblico potrebbe apprezzare. E, magari, andare a riscoprire qualche disco doc: "La buona novella", "L'indiano", "Crêuza de mä" o "Anime salve", a voi la scelta.

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