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12 Soldiers

Regia di Nicolai Fuglsig vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su 12 Soldiers

di alan smithee
4 stelle

CINEMA OLTRECONFINE

Da una storia vera…. Come si dice in questi casi. L’esordiente danese Nicolai Fuglsig, ex fotografo di guerra, pertanto piuttosto consono a dirigere un film tutto incentrato su una azione di guerra in risposta all’attentato delle Torri Gemelle, solo pochi giorni dopo la strage newyorkese, racconta della squadra di 12 soldati specializzati formata in fretta e furia e spedita nel deserto roccioso dell’Afghanistan per rispondere in modo deciso all’attacco frontale subito con l’attentato dell’ 11 settembre 2001.

Una unità “costruita” sul momento che si rivelò assai più coordinata ed omogenea di quanto si potesse preventivare: la missione principale fu quella dicercare l’appoggio del capo dei leader militari delle molte fazioni che popolano le regioni rocciose e desertiche afghane, il generale Abdul Rashid Dostum, per sferrare un attacco diretto e non preventivato ai talebani di Al Qaeda.

Muovendosi a cavallo (non a caso il titolo originale è “Horse soldiers”), una manciata di uomini, agli ordini del capitano Mitch Nelson, finisce per sferrare un attacco decisivo ai terroristi, a solo un mese dalla tragedia del World Trade Center.

Prodotto da Jerry Bruckeimer, il film finisce inesorabilmente per trasudare orgoglio patriottico condito da esplosioni continue, che catapultano lo spettatore entro una realistica reboante festa pirotecnica ove il sentimento di solidarietà da amicizia virile e attaccamento alla famiglia, va a braccetto con i devasti della interminabile sparatoria che intercorre tra le due fazioni in lotta.

La tattica di guerra è certo studiata e ripresa con perizia, impossibile non ammetterlo; quello che sconcerta è il bisogno impellente di inserire nella “recita” i siparietti familiari patetici, le mogli in ansia (“ti amerò non appena tornerai”, dice una al marito desideroso del saluto “ufficiale”), i figli bambini che tengono amorevolmente il muso al padre soldato. Per gli stessi difetti, allora molto meglio e decisamente più variegato American Sniper di Eastwood.

Se nell’intento c’era quello di riproporre la formula de “Il mucchio selvaggio”, attualizzato alle problematiche insanabili di oggi tra un Occidente ed un mondo musulmano che non trovano mai il giusto approccio per coesistere senza tentare di neutralizzarsi, la coesione del gruppo sfugge molto ed è soffocata da troppa cortesia e buona predisposizione tra i vari componenti.

E manca, of course, un regista come Peckimpah che punta all’effetto più che all’aderenza con la realtà.

Tanti volti noti coinvolti: Chris Hemsworth impeccabile, ma un po’ scontato e freddo, Michael Shannon convenzionale più di sempre in un ruolo da “all american father”, Michael Pena sempre in trincea, William Fichtner calvo nel ruolo del generale tutto bei discorsi e cimeli da dispensare.

L’emozione latita, anche quando la dinamica e la ricostruzione bellica appaiono onestamente impeccabili, tatticamente ammirevoli, ma fredde.

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