Regia di Juan Antonio Bayona vedi scheda film
"Jurassic World – Il regno distrutto", come è facile immaginare, ripete lo schema ricorrente dei film precedenti, con un conflitto tra chi tenta di salvaguardare i dinosauri e chi tenta di sfruttarli economicamente. Ad ogni capitolo della saga appare un dinosauro di più alto livello, sempre più feroce e perfetto. Stavolta è l’Indoraptor, fusione tra il Velociraptor e l’Indominus Rex (sì sembra Dragon ball, ma non lo è). Il film è pieno di citazioni del capostipite della saga: la bambina accovacciata dentro un mobiletto che tenta di abbassarne lo sportello prima che il dinosauro in corsa la azzanni; l’artiglio del dinosauro che bussa sul pavimento; la jeep ribaltata utilizzata dai protagonisti del primo film. Il primo dinosauro ad apparire nel film è un brachiosauro, esattamente come nel primo. Ma la differenza è che in Jurassic park quella sequenza appartiene secondo me al grande cinema, come vi appartiene l’intero film, dove la visionarietà degli scienziati che costruiscono il parco dei dinosauri rimane nel credibile, mentre qui rasenta la follia; dove Spielberg dosa lo spettacolo con maestria, mentre qui si sfiora più volte il ridicolo. I dialoghi sono spesso deboli, ma la seconda parte del film, con i dinosauri all’interno della tenuta di un miliardario, diventa più interessante e riuscita. Il film veniva da qualche parte presentato come il primo blockbuster ecologista, con il sottotitolo “La vita vince sempre”. Ma questa è esattamente una delle frasi pronunciate nel primo film dallo scienziato scettico interpretato da Jeff Goldblum, qui presente in un cameo. Il messaggio pro-life era già pienamene presente in Jurassic Park, quindi ancora una volta niente di nuovo. La cosa più bella del film è sicuramente la colonna sonora originale nei titoli di coda.
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