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Una vita spericolata

Regia di Marco Ponti vedi scheda film

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La recensione su Una vita spericolata

di scapigliato
6 stelle

Marco Ponti esagera. Se le basi da cui parte questa commedia on the road sono interessanti, ovvero l’Alta Velocità e la Val di Susa, i pignoramenti, le banche gestite da delinquenti, il mondo ingiusto dei pochi che hanno tutto e dei molti che hanno poco – cit. Bernie Sanders, le ossessioni compulsioni per i social e l’ignoranza basica del “pubblico” televisivo, lo sviluppo non è purtroppo all’altezza.

Il film scimmiotta molto cinema antagonista americano della New Hollywood, come Sugarland Express (Steven Spielberg, 1974 ), Convoy (Sam Peckinpah, 1978) o anche The Blues Brothers (John Landis, 1980) e citando pure i Bonnie and Clyde di Gangster Story (Arthur Penn, 1967), ma sembra più una sit-com che un pulp. Anche Tarantino è dietro l’angolo, ma la regia poco agressiva di Ponti – pochi primissi piani, pochi dettagli, movimenti di macchina troppo virtuosi quando inecessari e viceversa, al posto del più impattante montaggio – non riesce a mordere linguisticamente.

Anche attori che apprezzo moltissimo fin dai loro esordi come Lorenzo Richelmy ed Eugenio Franceschini, finalmente per la prima volta insieme, non dimostrano abiltà con la commedia naïf, esasperata, grottesca ed esperpentica di tanto cinema postmoderno. La loro è una comicità forzata. Si nota fin dalle prime battute come tentano ad esasperare il gesto, ad “urlare” il personaggio lavorando per addizione invece che essere più naturali, anche sottrattivi e magari più lunari. Probabilmente hanno avuto le indicazioni sbagliate. Attori molto capaci come loro, molto fisici, avrebbero dovuto impostare i loro personaggi meno teatralmente. La loro verve comica, a parte alcune scene contate, è stucchevole. La recitazione sopra le righe, doptutto, paga solo i grandi istrioni, mentre Richelmy e Franceschini credo siano molto più portati per il dramma, o comunque per ruoli duri e puri, più umbratili e con poca concessione alla commedia, se non quella più autoriale tipo La luna su Torino (Davide Ferrario, 2014) dove Franceschini è in ottima forma. Un Marco Risi, insomma, avrebbe fatto scelte totalmente differenti, sia in regia che nella direzione degli attori. Sono una felice sorpresa invece Gigio Alberti, Antonio Gerardi e Matilda De Angelis, molto più contenuti e più incisivi. Divertenti, benché ugualmente esasperati, i siparietti comici del gruppo di poliziotti sgangherati capitanati da Massimiliano Gallo. Mentre ai due protagonisti,  scelti ovviamente con intelligenza, va un po’ stretta, e spesso irrita, l’etichetta giovani, belli, sensuali e libertini che, al contrario dello sperato, non aiuta l’empatia.

Ultima nota negativa. Se il ménage à trois, che ricorda classici come Jules e Jim (François Truffaut, 1962) e pellicole più recenti come il referente moderno Amici per gioco, amici per sesso, in originale appunto Threesome (Andrew Fleming, 1994), The Dreamers (Bernardo Bertolucci, 2003), Castillos de Cartón (Salvador García Ruiz, 2009), El sexo de los ángeles (Xavier Villaverde, 2012) e On the Road (Walter Salles, 2012) che pecca proprio là dove inciampa Una vita spericolata, è anche una delle nervature drammatiche del film, la scena di sesso a tre non può essere un solo orpello morboso, ma avrebbe dovuto andare oltre, forse non fino ai limiti pornografici (che brutta parola…) che applaudiamo a Bertolucci, al Larry Clarke di Ken Park (2002) e al Gaspar Noé di Love (2015), ma per lo meno addentrarsi nel torbido della relazione a tre come hanno fatto in alcuni passaggi film come Mentiras y gordas (Albacete/Menkes, 2009) e Douches Froides (Antony Cordier, 2005). Anche qui, Marco Risi avrebbe fatto scelte totalmente differenti.

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