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Black Panther

Regia di Ryan Coogler vedi scheda film

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La recensione su Black Panther

di supadany
5 stelle

Detenere lo scettro del potere e gestire il destino di un popolo attraverso le proprie scelte, comporta un’assunzione di responsabilità. Certo, quest’ultima deduzione fa sorridere - qualora non proprio digrignare i denti - in un periodo post elettorale come quello che stiamo vivendo in Italia, ma in condizioni particolari, in una realtà al di fuori di ogni algoritmo generato dai tempi, l’equilibrio può diventare sottilissimo e anche distinguere tra giusto e sbagliato può effettivamente cambiare il futuro di un popolo, addirittura dell’umanità intera.

Trattasi di un’argomentazione che viene sollevata in Black panther, una pellicola movimentata da rovelli morali d’importanza capitale, coagulati con l’azione e gli effetti speciali di richiamo per il grande pubblico, con troppo materiale al seguito per consentire di dispiegare per intero – con ordine e logica - il ragionamento che mette(rebbe) in moto, avendo a disposizione poco più di due ore.

Subito dopo essere diventato il nuovo sovrano di Wakanda, uno Stato africano nascosto da sempre agli occhi del mondo e tecnologicamente avanzato oltre ogni conoscenza umana, T’Challa (Chadwick Boseman) è chiamato a sgominare Ulysses Klaue (Andy Serkis), un pericoloso trafficante entrato in possesso di un oggetto di vibranio, il materiale che ha permesso alla sua terra di compiere i principali progressi e che nelle mani sbagliate potrebbe modificare gli equilibri dell’intero pianeta.  

Ma la vera incognita per il futuro di Wakanda risiede altrove. Infatti, Erik Killmonger (Michael B. Jordan) è pronto a sfidare T’Challa per detronizzarlo, con idee totalmente differenti su come utilizzare le conoscenze della comunità che governa.

 

Chadwick Boseman

Black Panther (2018): Chadwick Boseman

 

Dopo essere stato introdotto in Captain America: Civil war enucleandone l’istinto e le intenzioni, Black panther si mette in proprio, arricchendo il classico scenario Marvel di tematiche civili. La mappatura ha varie questioni morali riguardanti la gestione del potere, con tante opzioni sul tavolo, principalmente legate alla scelta tra aprirsi al mondo o rinchiudersi in se stessi, se pensare alla conservazione della propria libertà, consolidata nel corso dei secoli, o se correre dei rischi, ben sapendo che là fuori (per la cronaca, qui) non è tutto rosa e fiori, che ci sono dei pericoli ma anche l’opportunità di portare una ventata di aria fresca.

Da quest’osservazione, la figura di antagonista di Killmonger assume connotati stimolanti - come la necessità di fare qualcosa per liberare dalla ghigliottina del potere i popoli sottomessi - che però non hanno il tempo per decantare e quindi impreziosirsi. D’altronde, siamo pur sempre in un cinecomics e la bussola non può impazzire, almeno non del tutto, dovendo rispettare la sua area protetta originaria (intesa come Marvel Cinematic Universe). Tuttavia, gli effetti speciali sono meno corrosivi del solito e le scene d’azione sono (sacrosantamente) impattanti ma (fortunatamente) calibrate, anzi hanno proprio una loro chiarezza espositiva, pur senza essere l’unico interesse.

Semmai, i limiti risiedono nella fotografia, che rimane sempre troppo blanda, resa artificiosa dal dominio del digitale in ogni sua disposizione, e nel carisma dei personaggi, quasi sempre in difetto, ad esempio non rintracciabile nel protagonista Chadwick Boseman. In tal senso, è un peccato aver destinato poco spazio al rude e ironico Ulysses Klaue, che – per una volta – consente di assaporare Andy Serkis senza motion capture.  

Con un modus operandi di questo tipo, sollecitato in più direzioni, il rendiconto quadra a stento e la sintonizzazione è strattonata, con l’apertura di nuove parentesi chiamate a interrogare diramazioni – spesso e volentieri – prevedibili, con il giubilo che sopraggiunge a comando.

 

Michael B. Jordan, Daniel Kaluuya

Black Panther (2018): Michael B. Jordan, Daniel Kaluuya

 

Fatti tutti i conti del caso, il successo straordinario che Black panther sta ottenendo (è già prossimo al miliardo di dollari d’incasso e sarà uno dei 2/3 successi globali più importanti del 2018, in un discorso probabilmente tutto placcato Disney) pare spropositato. Chiaramente ha saputo smuovere un’intera comunità – quella black – e ha il merito di aver aggiunto appendici nodali per tutti, senza risultare spregiudicatamente manicheo - ci sono solo due bianchi e uno è buono che più buono non si può (l’agente Cia Everett Ross, interpretato da un cordiale e gradevole Martin Freeman) – ma poi sembra sempre guardare l’orologio, saltando di sana pianta raccordi, chiedendo di stare forzatamente al (suo) gioco.  

Cinetica e pensiero non vanno d’amore e d’accordo, ma le intenzioni rimangono rispettabili e il risultato è tutt’altro che disprezzabile, per quanto la montagna abbia partorito un topolino.

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