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L'uomo che uccise Don Chisciotte

Regia di Terry Gilliam vedi scheda film

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La recensione su L'uomo che uccise Don Chisciotte

di champagne1
8 stelle

Un giovane e geniale regista, Toby, sta dirigendo nella Spagna rurale uno spot pubblicitario incentrato sulle figure di Don Chisciotte e Sancho Panza; è a corto però di idee, i set restano fermi per diverse ore senza alcun girato, finché si rende “casualmente” conto di essere vicino al borgo dove anni prima, da studente, aveva girato il suo primo corto ossia un adattamento in bianco e nero del capolavoro di Cervantes.

L’improvvisa curiosità per i ricordi di quella esperienza, lo inducono a girovagare nei dintorni alla ricerca degli attori non professionisti, gente locale, che avevano interpretato quel suo primo film.

 

 

Inizia pertanto un percorso a ritroso nel tempo, che lo conduce a ritrovare quel goffo ciabattino che allora aveva scelto come interprete del Chisciotte, ma che ora è diventato un attrazione da baraccone grazie alla sua convinzione di essere il vero Chisciotte.

Con un ritmo che accelera gradualmente, la storia di qui in poi diventa un susseguirsi di scene quasi oniriche, talora allucinate, e di avventure che si svolgono in un tempo che ad un certo punto diventa indefinibile, fra case incendiate, inseguimenti, malintesi, donne ammalianti, gitani/terroristi e ovviamente gli immancabili mulini. Fino a quando Toby arriverà progressivamente a rendersi conto di seguire don Chisciotte proprio come il suo fido scudiero Sancho Panza ….

 

 

Anche per chi conosce il genio visionario di Terry Gilliam, questo film resta sorprendente ed avvincente. Un film dalla genesi così impervia e drammatica (concepito negli anni ’80, senza finanziatori per diversi anni, poi avviato nel 2000 e interrotto presto per una serie incocepible di peripezie occorse; infine ripreso – dopo vari tentativi falliti – solo nel 2017) che avrebbe indotto la maggioranza di noi a desistere, ma non Gilliam. Che aveva tanto da metterci dentro, tanto da raccontare, intriso com’è di aspetti di tipo autobiografico e di riflessioni sulla vita e sull'arte del narrare

E con un senso meta-cinematografico in cui si assiste alla graduale trasformazione del regista in un personaggio del suo film, Gilliam continua a proporci la sua ricetta per sopravvivere al caos dei nostri tempi: la follia.

 

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