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Quasi nemici - L'importante è avere ragione

Regia di Yvan Attal vedi scheda film

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La recensione su Quasi nemici - L'importante è avere ragione

di champagne1
5 stelle

Quando si parla bene, si dimentica come dire le cose in modo semplice.

Un controverso professore universitario burbero e discriminatore, per evitare provvedimenti disciplinari a suo carico, è costretto a fare da mentore ad una giovane matricola di origine araba  e a condurla ad eccellere nell'arte della Retorica...

 

 

Le Brio viene tradotto con "Quasi Nemici", a evocare suggestioni e analogie rispetto al blockbuster di Toledano.

Anche qui infatti due personaggi molto distanti fra di loro entrano in collisione, poi si conoscono e infine si apprezzano, al di là delle barriere sociali, di censo e di cultura.

 

Neila è una ragazza francese figlia di immigrati che vive nella banlieue parigina con madre e nonna; si sente ormai integrata nella cultura occidentale, però non avverte alcun bisogno di rinnegare le sue origini.

Pierre è un insegnante in fase di burn-out, misogno e razzista, che ama fare sfoggio del suo intelletto e ama provocare sia gli studenti che i colleghi.

 

 

Il regista Yvan Attal illustra le loro figure tramite il gioco delle espressioni facciali e soprattutto con dialoghi che vorrebbero essere taglienti, a volte provocazioni a sfondo religioso, sessuale o caratteriale.

Ma laddove il personaggio della ragazza sembra meglio definito grazie anche alla descrizione della vita sociale e familiare, quella del docente – nonostante un Daniele Autueil sempre efficace – è più sfumata e meno caratterizzata, al punto da non permettere di cogliere appieno la evoluzione psicologica che si vuole descrivere.

 

Colpisce per originalità che il fil rouge del film sia il tema della eloquenza retorica, con tanto di citazioni dotte da Cicerone a Schopenauer.

Purtroppo però ho avuto l'impressione che le scene più deboli siano proprio quelle in cui se ne dovrebbero vedere le applicazioni pratiche, valutando i progressi della giovane allieva.

 

Riconosco che affrontare senza pedanterie temi difficili come il razzismo, il pregiudizio e la differenza fra classi sociali in una Parigi moderna è sempre complesso. Ma alla fine il messaggio conclusivo è fin troppo tranquillizzante ed anti-rivoluzionario: per funzionare bene basta semplicemente integrarsi nel sistema.

 

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