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I cavalieri del Nord Ovest

Regia di John Ford vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su I cavalieri del Nord Ovest

di stanley kubrick
8 stelle

RAPPRESENTARE LA PROPRIA NAZIONE

"Masticare tabacco è una pessima abitudine. Ti fa venire il voltastomaco."

Secondo capitolo della Trilogia della Cavalleria di John Ford - dopo Il Massacro di Fort Apache e prima di Rio Bravo - che mette in risalto il combattimento glorioso per rappresentare la nazione di appartenenza, cosa che succedeva anche (ma in meno punti) nel capitolo precedente della trilogia di Ford. Il film è sicuramente il migliore dell'intera trilogia ed è quello che sa rappresentare meglio il coraggio di un soldato nonostante poche speranze di vittoria. Tutti si aiutano e tutti sono comandati da John Wayne, allora quarantenne ma che fa un ruolo, nel film, da sessantenne. Gli riesce alla perfezione, anche per il fatto di aver sempre amato per gran parte della sua carriera cinematografica il ruolo del capo e comandante di un esercito, specialmente nelle pellicole western. Il film in questione, come si può ben notare, è un western. Ma tutti i film della trilogia hanno uno sfondo romantico e da commedia ambientata nel vecchio west, basti pensare al primo capitolo, che in tutta la prima ora risulta una commedia romantica sullo sfondo del vecchio west. John Ford sa manovrare bene questo genere senza mai cadere nel banale. Infatti anche in questo film prima della partenza dei soldati c'è un lungo assistere alle sventure amorose di un tenente con una donna. Ma è sempre un bel vedere. Specie nelle pellicole di Ford. Joanne Dru interpreta Olivia, John Agar il tenente Flinn. Sono loro i due piccioncini dell'intera pellicola.
L'anziano capitano Brittles è in procinto di andare in pensione. Però ha ancora un ultima missione da compiere. Deve trattare la pace con gli indiani che vogliono dare guerra alle guarnigioni dei bianchi. Al momento della partenza però devono partire con i soldati anche due donne. I guai arrivano soprattutto quando incominciano a incontrare gli indiani.
A John Ford l'amore piace. Eccome. In quasi tutte le sue pellicole deve far innamorare due giovani. Potrebbero essere la speranza della società di oggi. Il loro figlio potrebbe andare a combattere per la nazione. Ma devono essere umani. Nelle pellicole del regista americano l'amore scorre soprattutto nei giovani ventenni-trentenni. C'è sempre però il solito problema. Uno di loro è innamorato oppure viene corteggiato da un altra persona. Se non c'è l'antagonista dell'amore, John Ford si concentra soprattutto sulle feste nella contea, in modo da far innamorare questi due. Anche a costo di perdere più di un ora per riuscire nell'impresa, come già successo nel già citato Il Massacro di Fort Apache. L'amore è vitale. Viene manifestato anche dal capitano il giorno prima di partire in missione. Infatti quest'ultimo va a trovare sua moglie ormai morta nel cimitero. Parte delicatissima. Ma il fatto è che l'amore per il regista viene manifestato soprattutto - come già detto prima - nelle persone giovani. I vecchi non hanno più niente da dirsi e Ford non li degna di baciarsi, di accarezzarsi come facevano un tempo. Invece il poverino rimane sempre lo scartato dalla persona che ama. In questo caso è un sottotenente che sicuramente non ha speranze con un tenente in amore. Ford lo lascia come segno di marcamento, limitandolo a solo qualche sparlottata e a qualche sparo nel fortino.
La pensione tanto aspettata che viene bruscamente allungata per colpa degli indiani e anche del futuro comandante. Per tutta la durata dei fatti che accadono prima dell'inizio della missione il capitano quasi pensionato aspetta che arrivi l'ultimo giorno di lavoro. Il calendario sembra non finire mai. Ogni mattina, quando il soldato sempre ubriaco sveglia il capitano, una croce appuntata a un giorno sembra il fragile filo a cui è appesa la carriera del capitano. Il ritardo del ritiro alle armi è dovuto anche dal tenente che non essendo ancora preparato a comandare i soldati in una missione così ardua deve limitarsi a imparare il mestiere dal comandante. Così quest'ultimo rimane ancora tra i soldati per comnadarli verso una delle più belle missioni a cui il comandante ha avuto l'onore di partecipare.
Come in tutti i film western il cavallo è l'arma in più per combattere. Forte di gambe, è una garanzia. Nella pellicola viene anche rimandato come una preda da catturare per levare quel qualcosa in più agli avversari. La scena che rappresenta quest'ultimo fatto è quasi alla fine quando gli americani catturano tutti i cavalli degli indiani, lasciandoli a piedi e senza un ottimo strumento per "combattere". Anche la perdita del proprio animale è un fatto che può rivelarsi fatale per il proseguire della guerra, infatti potrebbe portare gli indiani a far proseguire ancora di più l'intera guerra. Un altro animale che è  presente soltanto nelle file degli americani è il cane. In questo caso viene usato come il suo uso in un gregge. Quello di amministrare e di dare una direzione, in questo caso, ai cavalli. Insomma più o meno i soliti animali.
Il film è stato sceneggiato da Frank S. Nugent e da Laurence Stalling. In questo caso la sceneggiatura è semplicemente perfetta. Fotografato da Winton Hoch, che per questo film vinse il suo primo di tre oscar per la fotografia. Montato da Jack Murray molto bene. Le musiche sono state curate da Richard Hageman.
Il film finisce bene. Gli indiani sono stati privati dei loro cavalli. La missione del capitano è finita e finalmente può godersi la pensione tanto meritata. Ma una sorpresa lo aspetta ancora: è stato nominato capo esploratore dell'intero fortino.
Il proseguo della trama arriverà nell'anno dopo con il terzo e ultimo capitolo della trilogia, Rio Bravo. Aspettando il film ci risuona sempre la solita frase canticchiabile del regista che, trionfante per il risultato ottenuto, continua a ripetere le solite parole.
"Mi chiamo John Ford e faccio western!!"

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